di Chiara Raffo – Se per molti è un luogo che viene automaticamente associato ad emozioni negative quali tristezza e malinconia, è sempre più frequente trovare chi nei cimiteri monumentali coglie la bellezza artistica, resa quasi surreale dal contesto contemporaneamente malinconico e maestoso.
Quasi tutte le grandi città italiane vantano il proprio cimitero monumentale: il Verano a Roma, Staglieno a Genova, il Monumentale a Milano.
Dalla sua inaugurazione, nel ventesimo secolo, si è espanso fino alle dimensioni attuali: ricopre una superficie di 25.000 metri quadrati, ed è caratterizzato da uno stile decisamente eclettico: le tombe ed edicole che incontriamo nelle varie sezioni del cimitero sono decorate a seconda della corrente artistica propria del periodo di chi le commissionò, per sé stesso o per i suoi cari.
Vi è arte per tutti i gusti: Simbolismo, Liberty, Razionalismo e Informale: un perfetto specchio della società, che con l’arte si evolve tanto nei musei quanto tra le lapidi.
Lo stesso Comune di Milano, grazie al suo sito web, offre ai visitatori un percorso che permette di conoscere il cimitero osservandone tutta la bellezza e diversità architettonica.
L’intero percorso richiede qualche ora, ed è consigliabile avere una mappa da consultare.

Tra i vari monumenti presenti, due in particolare meritano uno sguardo approfondito.
Il Famedio, o Tempio della Fama, progettato dall’architetto milanese che si occupò della progettazione del cimitero stesso, Carlo Maciachini, affaccia sul piazzale d’ingresso: difficile non notarlo essendo ubicato decisamente vicino all’entrata principale.
Progettato per ospitare il riposo di personalità illustri del calibro di Alessandro Manzoni, Salvatore Quasimodo e Carlo Forlanini: alcuni tra gli illustri che grazie al loro contributo artistico e culturale hanno giovato al capoluogo lombardo.
Il particolare più suggestivo del monumento, finemente decorato internamente ed esternamente, si può notare alzando lo sguardo: la volta del tempio è decorata a rappresentare un cielo stellato, dall’aspetto quasi fiabesco, come a vegliare chi riposa sotto di esso.
Dal cielo passiamo poi al fuoco: è infatti proprio al monumentale di Milano, che grazie all’intuizione di un donatore, l’italo-svizzero Alberto Keller, industriale e filantropo, fu messo a punto il primo tempio crematorio d’Italia.
Situato nell’ala sud del camposanto fu inaugurato nel 1876, venendo utilizzato, come da sue volontà, per cremare per primo il suo stesso ideatore, per l’appunto Keller. Evento che suscitò un grande scalpore mediatico, rappresentando effettivamente un passo epocale per il paese, che da quel momento poté rompere i pregiudizi legati alla pratica della cremazione stessa.
In stile dorico, il tempio riprende elementi dal mondo classico, che gli conferiscono un’aria solenne. L’ala dedicata ai forni stessi, inizialmente quattro, è sormontata dalla celebre locuzione latina “pulvis es, et in pulverem reverteris.”

Un monito forte, che può lasciare spiazzati e quasi a disagio, ma che rappresenta l’essenza stessa di luoghi come questo: permettere ai visitatori di ritagliare un momento di riflessione più che di malinconia, distaccarsi dalla frenesia della vita, da quei problemi insormontabili e quei dubbi logoranti che prima o dopo, rivelano la loro vera essenza: nient’altro che polvere.