di Marianna Mandato – Borgo Pio. Roma. C’è un’atmosfera magica. Il posto ha una forza e un’energia incantevoli. Le mura del Borgo sono abitate da strani personaggi colorati. Disegni parlanti. Che raccontano del luogo. Delle persone che lo vivono.
Un simpatico artista sull’uscio di una porta in una piccola piazza esclama “prego, entra! Questo è il mio piccolo laboratorio. È qui che creo”.
Ascolta “Street art, intervista a Maupal: “Sono alla continua ricerca di bellezza” ” su Spreaker.
È Mauro Pallotta, più noto al pubblico come Maupal. È lui l’autore dei disegni parlanti di Borgo Pio. Il più famoso di tutti, in volo, e che ha fatto proprio il giro del mondo, è Papa Francesco, con la sua valigetta contenente valori. È il murale “Super Pope” realizzato nel 2014.

È piacevole parlare con lui, i suoi occhi e il suo sorriso accolgono, e già dicono tantissimo senza bisogno di parole.
Chiediamo a Maupal di raccontarci la sua storia. E lui, come se fosse un amico da sempre inizia a raccontare (leggi qui l’intervista nella versione integrale):
“Nasco e cresco nel Quartiere Borgo Pio, a ridosso del Vaticano – dice a B-Hop magazine –. È fondamentale dirlo, perché ha influito tantissimo sulla mia esistenza, sia per le sue caratteristiche umane e popolari sia per le sue caratteristiche architettoniche e artistiche.
Frequento il Liceo artistico, poi l’Accademia di Belle Arti. Il mio sogno era quello di fare il pittore. Ancor prima era quello di fare il calciatore. Però ero sempre un po’ in sovrappeso, quindi…
Il sogno di fare il pittore era complicato da far avverare perché, come si dice spesso, con l’arte è difficile mangiare.
Mi arrabattavo in tutto e per tutto (…). Così, oltre a dipingere, in parallelo facevo lavori di qualunque genere, come il cameriere, il barista, il lavapiatti, il bibitaio al cinema. Per anni ho vissuto, anzi sono sopravvissuto in questo modo. Ma avevo sempre un mio “buco” in affitto per poter dipingere, creare e sperimentare.
A un certo punto, sperimentando, ho ideato una tecnica fondamentalmente unica: ho iniziato a dipingere con smalti e spray su lana d’acciaio, riproponendo facce di animali o volti di esseri umani in maniera molto, molto realistica.
Esponevo le mie opere nel locale in cui facevo il cameriere. Le vendevo continuamente”.
Proprio come nei film, Maupal viene notato da un gallerista che entra nel locale, si informa sull’autore delle opere, riconosce immediatamente il suo talento e senza indugio gli allestisce una mostra personale.
In soli due giorni, Maupal vende tutte le sue opere, quattordici, rappresentanti i sette Vizi Capitali e delle sette Virtù Teologali. Da quel momento continua ad esporre in gallerie romane e a partecipare a fiere in giro per l’Italia.
Fino all’età di 42 anni. Quando qualcosa di straordinario accade. La vicinanza del Vaticano alla sua abitazione esercita una forte spinta. Mauro decide di dipingere Papa Francesco. E il Papa diventa un Superman, un supereroe.
Il dipinto resta in casa, su carta, per giorni. Finché all’improvviso, una notte fatidica, Mauro decide di incollarlo su un muro, a venti metri dalla propria abitazione. Gli stessi venti metri di distanza dal Vaticano.
“E m’è cambiata la vita. Ho fatto questa cosa un pochino in maniera goliardica ma da quel momento in poi sono entrato a piè pari nella Street Art. Non ne sapevo nulla. Ma la mia è stata l’opera più virale di tutti i tempi.
Provavo una confusione totale. All’improvviso mi sono ritrovato addosso una divisa professionale, diciamo così. Ho iniziato a prendere seriamente il mio percorso artistico e mi sono dedicato in maniera più determinata ed esplicita alla Street Art. Sono entrato in questo mondo dove non esistono galleristi, non ci sono critici, ma c’è una competizione estrema. E ci sono vari codici della strada”.
Maupal ci racconta con passione del suo percorso. Inizialmente non fu semplice sentirsi additato come il furbo che per fare fortuna aveva scelto di disegnare il Papa proprio vicino al Vaticano.
“Venni subito messo alla prova. Mi invitarono in un contest di Street art, tutto dedicato a Pasolini. Era al Pigneto (…), perché lì ci ha girato l’Accattone. Ho ritratto l’occhio di Pasolini. Alcuni artisti mi hanno scritto in privato, mi hanno detto ‘complimenti, benvenuto nel nostro mondo’. Mi sono sentito accolto con grande soddisfazione”.

Il disegno, per Maupal è un linguaggio universale, in grado di esprimere qualsiasi concetto. E l’espressione di quel concetto deve essere più importante della sua stessa resa estetica. Non pensa sia rilevante creare grandi opere su grandi muri, o seguire logiche di profitto rispetto ai suoi progetti, mentre sente l’importanza di lanciare messaggi che possano apportare qualcosa di utile a livello sociale. Attivando un dialogo continuo con le persone.
“Il mio processo mentale rispetto a una futura opera d’arte è innanzitutto di essere sempre al corrente dell’attualità. Devo capire in quale parte del mondo mi trovo, in che posizione e che cosa sto facendo.
Attraverso il disegno dico quello che penso. Spesso e volentieri, creo un ossimoro grafico. Qualcosa che può leggere sia chi è a favore sia chi è contrario. Mettendo un’opera in strada, punto i riflettori su quell’argomento, e la mia domanda se la pongono anche tutti gli altri.
Con la Street Art, il mondo esterno si trasforma in un museo a cielo aperto e si fa specchio della società che viviamo. Con le sue problematiche. Coi suoi contrasti sempre più netti. Mauro lo sa,
“Si tratta di un’arte democratica – ci dice – . È a disposizione di tutti. È effimera, perché dipingi un’opera in strada e poi non sai se dura una notte, due notti, tre mesi o dieci anni. Può essere distrutta dal passante, dall’invidioso o dal clima. È effimera come i rapporti sui social, estremamente veloci, a volte anche molto profondi ma che durano pochissimo.
Non ultimo, esprime la società. Specialmente se si considera la tecnica maggiormente usata. Si fa uso in modo predominante della tecnica dello stencil. L’idea è che bastino solo i contrasti, chiaro e scuro per creare un’immagine, per rappresentare quello che si vuole.
E secondo me i contrasti sono così netti anche a livello sociale. Quasi come nel periodo medioevale. Bianco o nero, punto. Non c’è più la sfumatura. Quella che nel Rinascimento c’era. C’erano le luci, e non c’era nulla di netto”.

Chiediamo a Maupal, col suo sguardo cordiale, cosa sia l’arte per lui, come la definirebbe oggi, che cosa dovrebbe essere o di cosa dovrebbe occuparsi.
Convinto che l’arte per la maggior parte degli artisti serva a “curare se stessi”, essa finisce poi per essere una specie di cura per tutti. “Parliamo di persone che hanno una sensibilità più forte del comune.
L’artista è un po’ come la candela. Fa luce su tutti i lati ma si consuma più velocemente. Gli artisti andrebbero presi in considerazione in maniera più profonda.
È malinconico Mauro quando, facendo riferimento a tre epoche – quella di Augusto a Roma, di Pericle ad Atene e di Lorenzo il Magnifico a Firenze – dice che sembrava che l’essere umano avesse raggiunto vette di consapevolezza estrema sul valore della vita e del senso di civiltà, mentre ora la decadenza impera. Un mondo colorato che finisce per essere un mondo in banco e nero.

“Noi stiamo qui ancora a fare le guerre. Che dobbiamo aspettare, che arrivino i marziani per unirci e stare tutti dalla stessa parte? Se arrivano i marziani, allora tutti gli umani uniti contro i marziani?”
E poi, da romano che ama follemente la sua città e soffre per quello che vede (l’immondizia, i cinghiali, l’incuria…), ha un grande sogno per Roma, che prescinde anche dall’arte pur inglobandola: “mi piacerebbe fare qualcosa che vada ad intaccare la mancanza di educazione civica di noi romani – afferma -. L’opera che sta nei miei sogni, e ancora non ho ben capito come, è che possa cambiare un minimo la mentalità e far guardare i romani allo specchio”.
Il lavoro di Maupal è sempre costruttivo. I progetti che sta realizzando, nelle scuole dei tre ordini e gradi, non solo italiane, e nelle carceri, sono interessantissimi. Oltre ad una prossima mostra personale che realizzerà a breve.

Chiediamo infine a Maupal cosa sia per lui la bellezza.
“Io quando vedo qualcosa che reputo bello lo capisco immediatamente, perché mi sospende lo sguardo e mi fa venire il solletico alla pancia. Sono alla continua ricerca di bellezza. E quando la incontro il mio sguardo si fissa”.
Anche il nostro guardando le sue opere…
Qui l’intervista nella versione integrale.
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