di Margherita Vetrano – Bisognerebbe riscoprire “Genitori quasi perfetti“, un film da vedere con i figli per mettere a nudo punti di forza e debolezza della famiglia odierna. Uscito nel 2019, parla dell’essere genitori, oggi, in Italia.
Simona, madre divorziata, schiva e riservata, organizza la festa di compleanno del figlio Filippo. In pochi bambini accettano l’invito alla festa in maschera. Durante i festeggiamenti, le dinamiche tra i protagonisti metteranno in luce gli aspetti critici dell’essere genitori con inattese conseguenze.
Il film di Laura Chiossone racconta di solitudine, discriminazione e confusione. La nota comica e grottesca, descritta in un crescendo di situazioni ossessive legate ai comportamenti dei protagonisti, è solo una cortina di fumo intorno alla denuncia che emerge.
La vicenda è ambientata a Milano, emblema di modernità. Il clima progressista e liberale sottolinea ed evidenzia la società odierna, lanciata nell’accettazione dei genitori single, della svolta green e dell’accoglienza dei diritti LGBT.
Ma i protagonisti, stereotipati, sono schiacciati dal ruolo che rivestono, non ancora liberi e svincolati dalla paura del giudizio. Si muovono claustrofobicamente sulla scena e nella vita alla ricerca di una boccata d’aria o di qualunque cosa possa liberarli dal ruolo.
Nei dialoghi emerge continua e prepotente la ricerca di una giustificazione e il rimpianto per le occasioni perdute a fronte del ruolo intrapreso.
Che si tratti della coppia votata alla famiglia e all’impegno di supergenitori, piuttosto che del padre in carriera o del “mammo”, nessuno vive la sua condizione con serenità ma la soffre in un rincorrere gli errori altrui per sentirsi al sicuro nei propri.
Sono “genitori quasi perfetti”, appunto, consapevoli delle proprie debolezze ma troppo impegnati per riuscirle ad affrontare e risolvere, cullandosi nell’adagio che “c’è di peggio”.
Incuranti o inconsapevoli delle ricadute sui figli, impietoso specchio della loro condotta.
Perché “Genitori quasi perfetti” non parla solo di genitori ma anche di figli. Lo fa con una lente esagerata, usando il linguaggio del caos e dell’esasperazione dei profili. Figli schiacciati nella personalità, manipolati e stigmatizzati, abbandonati o osannati. Figli soli di genitori soli e confusi.
Persone invisibili nei loro bisogni perché affidati a chi risposte non ne ha.
In questo clima disturbante che stride con la cornice gradevole dell’arioso appartamento di Simona, brillano, come pietre rare, Filippo e Luisa. Lei, l’animatrice, asseconda il desiderio del festeggiato che si esibisce in una performance vera e liberatoria. Poco più di una bambina, si erge a giudice di quegli adulti che la disincantano sul mondo ed è l’unica in grado di ascoltare Filippo.
Lui, il festeggiato, dimostrando un talento insospettato e parlando, forse per la prima volta, la sua lingua, incanta, disinvolto e naturale. Una naturalezza che nasce dai suoi otto anni, ancora libera dai pregiudizi.
Anna Foglietta e Paolo Calabresi sono fra i protagonisti di questo film accolto tiepidamente dalla critica forse, per qualche occasione mancata di troppo.
“Genitori quasi perfetti” è un film per genitori e figli, da guardare insieme ed ascoltando le osservazioni dei ragazzi, con occhio critico e attento.
Imparando a non farsi sorprendere dalla vita e rispettando le loro inclinazioni.