di Massimo Lavena e Uta Kügler* – Siamo nella Toscana nord–occidentale, alle falde delle Alpi Apuane, più precisamente a Pietrasanta, capitale internazionale della scultura: dodici sculture monumentali sono disposte in cerchio in una sorta di Stonehenge dell’arte sullo sfondo del Duomo di San Martino.
Al centro c’è una seduta per consentire allo spettatore di rispettare la distanza sociale, non tra sé stesso e l’altro, ma tra sé e le opere, pietra vivente. Le sculture simbolicamente riempiono il vuoto prodotto dalla pandemia. Che se ne andrà, mentre le sculture resteranno, effige del momento e dell’immaginario. Una memoria scritta anzi scolpita con l’immaginazione, racconto di tutti i racconti possibili e conquistati dalla capacità di liberare, in questo tempo così costretto, fantasie e sogni.

Boutros Romhein è uno degli artisti in piazza. La sua scultura è intitolata “Dialogo”. L’ha scolpita nel 2020, nei silenzi del primo lockdown. Flessuosi andamenti decisi liberano, da un blocco di marmo bianco di Carrara del peso di una tonnellata e mezzo, un abbraccio o forse un bacio tra un cavallo e un angelo sotto gli occhi di volti scolpiti, senza tempo e luogo.
Siamo testimoni di un’estetica individuale con un simbolismo universale. Ognuno di noi è libero di leggere e di comprendere, di dialogare con l’artista attraverso la sua opera.

Il maestro Romhein è nato nel 1949 in Siria, in una famiglia cristiana. La scultura lo ha incontrato ancora adolescente a Damasco. Dal 1983 vive stabilmente a Carrara, nel cuore storico del marmo, dove si è laureato all’Accademia delle Belle Arti. A Carrara scolpisce e insegna a scolpire ad allieve e allievi provenienti da ogni parte del mondo, in una fascinosa babele di lingue accomunate dal verbo della pietra.
Boutros Romhein è un artista di fama internazionale, ma anche un uomo della Siria che dalla nascita ha conosciuto la tragedia umana del conflitto armato.
È un artista e maestro tra i più singolari e dotati di questo tempo. Che si libera della sua innata riservatezza tra i marmi, che si fanno parola e gesto, dialogo puro, necessario e speciale con i suoi allievi che ora sono assenti. Impossibile con loro il dialogo senza vicinanza, senza accostarsi alla pietra e all’immaginazione dell’allievo che la scolpisce.
Il Covid ha interrotto questo dialogo, la socialità dello scolpire, che per Boutros Romhein è vitale. Ma non ha interrotto il suo dialogo interiore e la possibilità di comunicarlo attraverso la sua opera.
Il maestro racconta che la solitudine lo ha travolto, lui abituato a scolpire in comunanza con gli allievi. Si è ritrovato solo sulla via che porta da Carrara a Colonnata (il paese di quell’eccellente lardo che è stato storico alimento dei cavatori) dove vive e lavora in un piccolo borgo, ArcoArte, che fu di povere case di cavatori e che lui ha ricostruito per accogliere artisti e la sua scuola.
Ora è qui, in compagnia di moglie, figli e innumerevoli sculture: tra le quali spiccano giganteschi angeli, incredibilmente leggeri allo sguardo e slanciati, annullando quasi il loro peso inimmaginabile.

Nel vuoto forzato della sua scuola, Boutros Romhein continua a scolpire. Non può fermarsi. Il suo dialogo prosegue. La parola è nelle sue mani che dominano lo scalpello, il martello e il flessibile. Un intimo ascolto della voce sommersa della materia, nella quale anche per lui, come per Michelangelo, la scultura si cela già formata, data in partenza.
La mostra “Piazza in attesa” è visitabile fino al 23 maggio. Mentre gli artisti continuano il loro lavoro negli studi che vitalizzano Carrara e Pietrasanta, anche Boutros è al lavoro. Lo abbiamo visto. E sotto le sue mani abbiamo visto prendere vita forse a un pesce, forse un cavallo.

Lavora una pietra diversa, sempre proveniente dalle cave di Carrara: si chiama Paonazzo apuano, di color giallognolo con macchie e venature nere, verdastre, dorate che le donano un naturale movimento.
Ne viene la suggestione di quel che sarà: il ritorno alla socialità, al moto di uomini e donne, parole e gesti, nelle nostre piazze, nelle nostre gallerie, scuole d’arte, musei, nella nostra immaginazione.