di Benedetta Bernardi – Rumori di passi sul con-fine d’acqua è il nome evocativo di un interessante progetto di teatro intimo poetico, realizzato attraverso spettacoli itineranti sui Lungarni di Firenze nel mese di ottobre.
Patrizia Menichelli, attrice e direttrice artistica di Arcadia Ars in, l’associazione che ne ha promosso e sostenuto l’attuazione, ha curato la drammaturgia assieme alla regista Giovanna Pezzullo.

L’idea che ha dato vita allo spettacolo risale allo scorso anno, nel tempo in cui la pandemia aveva costretto il mondo delle arti a fermarsi e a ripensare nuovi linguaggi, modalità per raggiungere il pubblico: cosa, meglio dell’immagine fondante del confine d’acqua, poteva rappresentare la necessità di uscire, costruire legami e ponti dentro e fuori di noi?
Le ideatrici hanno cercato di dare una risposta concreta portando un’arte specialistica quale il teatro fuori dai luoghi tradizionali, varcando letteralmente i confini degli edifici e spingendosi all’esterno per coinvolgere più persone possibile.

L’intento è raggiungere soprattutto coloro che non sono habitué del linguaggio teatrale e rendere l’arte drammaturgica un potente strumento trasformativo, operando assieme ad altre voci attive nell’ambito sociale.
“È molto tempo che vado alla ricerca dei desideri e delle speranze di chi transita ai margini”: dice la voce narrante, che racconta della necessità della cooperazione, a partire dal basso.
Il progetto infatti è stato attivato grazie ad un crowdfunding (sul sito www.eppela.com) e una parte dei fondi verrà destinata alla ong Mediterranea Saving humans, con cui Rumore di passi sul confine d’acqua condivide il tema fondante.
Lo spettacolo ha inizio un paio di giorni prima rispetto alla data prescelta, quando in una mail della guida si legge la domanda: “Ti sei chiesto perché vuoi fare un viaggio al margine e non al centro?”.

E’ un invito ad affrontare un’esperienza verso i confini come viandanti metropolitani assieme a un gruppo di persone sconosciute, a vivere un tempo dedicato alla riflessione interiore, per imparare a vedere e sentire meglio quanto ci circonda e ciò che spesso ci sfugge, perché troppo assorbiti dai ritmi frenetici della quotidianità.
La passeggiata si snoda così attraverso i Lungarni di Firenze, un luogo che restituisce una visione nuova della città proprio perché lontano dalle mete patinate e troppo scontate per turisti.

Si cammina per vie marginali dove la guida invita a soffermarsi, a osservare, a creare nel proprio immaginario idee e visioni nuove: gli scalini, confine tra il sopra e il sotto, le porte, confine tra l’interno, la vita privata e il mondo esterno, il cancello, confine tra suolo pubblico e privato, ma anche la terra di nessuno, dove il viandante può passeggiare e perdersi in assoluta tranquillità.
La guida dona ai partecipanti alcuni strumenti per accompagnare le tappe del viaggio ad una intima, personale riflessione: un piccolo diario, su cui annotare pensieri e desideri, cosa ci spinge a varcare il confine dell’io; alcune lettere, definite come confini mobili, da leggere al compagno di viaggio scelto dalla sorte.

Riappropriarsi della città vuol dire anche vedere le proprie sagome delineate con un gesso su un muro, impronta del proprio passaggio, o, seguendo i consigli della voce amica della guida in un messaggio vocale whatsapp, osservare per minuti una finestra lontana, memorizzarne le forme, immaginare cosa, chi può esserci aldilà.
La passeggiata, che si svolge in un tempo come sospeso, termina con un regalo, ancora, che la guida lascia ai partecipanti perché il desiderio dello sconfinamento continui: è una parte di una mappa che porta in un altrove, per ognuno diverso, ma dove ognuno è protagonista nella ricerca di nuovi scambi, insolite visioni, basta tenere lo sguardo aperto.

“È un’esperienza davvero forte, coinvolgente… mi ha aiutato a vedere le cose con altri occhi” sono le parole di una partecipante nel momento del commiato.
Nei prossimi mesi lo spettacolo verrà portato in altre città italiane e straniere che, come Firenze, sono bagnate dall’acqua perché il linguaggio sperimentato sui lungarni si diffonda e diventi una delle forme espressive del futuro prossimo.