E’ in scena il 20 e 21 maggio al Teatro Eliseo di Roma, un nuovo progetto di Roberto Cavosi (attore, regista e scrittore): “Corti ma Lirici“. Dal titolo del progetto, sicuramente di grande impatto descrittivo, risulta già desumibile l’ambizioso intento sotteso: fondere il genere cinematografico del “corto” (pellicola non superiore normalmente ai 30 minuti e ben in linea con l’esigenza di “accelerazione ” tipica del secondo Novecento) con quello lirico (forma che nella sua più generale accezione indica tanto quell’antico genere poetico elevato accompagnato dalla lira quanto il ben noto genere musicale).
Quel “ma” che scinde i due sostantivi non va letto, dunque, in senso oppositivo quanto invece in chiave connotativa, con il palese intento di dare al primo e ultimo nel tempo di formazione, la veste nobile di quel genere antico che è il lirico. Per dar vita a questo alto proposito è stato necessario coinvolgere accanto ad autori e registi anche istituzioni operanti in campi artistici diversi (Conservatorio Santo Cecilia, Accademia di Costume e Moda e L’Accademia delle Belle Arti), cercando di creare la giusta alchimia tra elementi che gia ben tra loro sono affini. Chiara è quindi l’idea: fondere arte con arte, cantare il verso, “teatralizzare” il canto, suggellando il tutto con un impatto visivo di pari portata.
In scena andranno tre opere tutte accomunate da un solo filo conduttore: il mistero del nostro vivere comune davanti ad un probabile Dio, come ad una probabile vita ed una altrettanto più probabile morte.
Non ci si lasci però ingannare da quel “probabile” per credere che l’intento non sia mistico o solo volto alla Negazione; bellissime sono a tal proposito le dichiarazioni (dalle quali è possibile desumere che in realtà l’obiettivo è tutt’altro ) di Covosi: “I temi in qualche modo metafisici dei tre libretti nonché la musica che li accompagna vanno trattati come piccole preghiere anche se naturalmente laiche”.
Misticismo che assume un’accezione ancor più affascinante se ad esser analizzati sono i librettisti: Aurora Martina Meneo, classe 1984; Sara Cavosi, classe 1989 e Fabio Marson classe 1985. A confrontarsi sul tema del progetto, di respiro antico e autorevole, sono tre giovani. Il connubio appare tanto innovativo quanto attraente: ritrarre in una manciata di minuti una melodia antica, cantata dalla voce di freschi volti.
Quello che più da stupore, nel senso positivo del termine, non sono i temi trattati (anche se più che meritevoli), né gli ingredienti utilizzati (sebbene ottimi), né l’architettura ideata (solida e dalle linee moderne) ma è l’ampio, quasi esclusivo, ricorso a quella parte di società che nonostante sia il fondamento futuro di ogni possibile sviluppo, vuoi per motivazioni economiche, vuoi per questioni pseudo-politiche, spesso è stata arginata: la gioventù.
Si compone infatti di un cast di 46 giovani artisti, 3 disegnatori scenografi, 9 costumisti, 10 musicisti esecutori, 18 cantanti, 3 librettisti, 3 compositori, 1 direttore d’orchestra, 3 Accademie e 1 Teatro, l’Eliseo, il cui direttore artistico Luca Barbareschi ha deciso di individuare e sostenere i giovani talenti oltre che incoraggiare l’innovazione linguistica. Come lui stesso afferma: “l’innovazione va perseguita con la pratica; solo tentando nuove strade e proponendole al pubblico si verifica quanto e come un linguaggio sia ancora vitale”.
Questo è il merito maggiore che va attribuito tanto a Covosi quanto all’Eliseo; entrambi impavidi e speranzosi hanno rinunciato a risonanti nomi e volti, dando vita attuale a quello che costituirà il futuro prossimo, anticipandolo solo per due notti (venerdi 20 e sabato 21 maggio).
Progetto visionario? No, inesorabilmente reale.
L’iniziativa, in due serate, avrà inizio alle ore 20 al costo di 15 euro per la platea e 10 per la galleria.