(di Filippo Bocci) – Settembre 1939: la Germania di Hitler invade la Polonia ma i coniugi Zabinski continuano a tenere in piedi il loro zoo a Varsavia. È gente schiva, con una straordinaria, istintiva passione per gli animali, amante della tranquillità. La guerra, però, stravolge la vita delle persone e i due si ritroveranno eroi loro malgrado, quasi con naturalezza, escogitando uno stratagemma per tirare fuori gli ebrei dal ghetto della città, e trasformare il loro zoo e la loro casa nel più impensato dei nascondigli. Verranno insigniti da Israele del titolo di “Giusti tra le Nazioni” nel 1965.
Questo è solo il canovaccio del film La signora dello zoo di Varsavia, appena uscito nelle nostre sale, con la regia di Niki Caro. La storia è cucita su misura per il talento di Jessica Chastain, attrice americana sempre brava a dare vita a personaggi spesso completamente differenti tra loro e dotata di una recitazione potente, in grado di toccare tutte le corde espressive.
Jessica Chastain
“Forse è per questo che amo così tanto gli animali. Puoi guardarli negli occhi e capire cosa hanno nei loro cuori”.
E così, nella più grande follia del XX secolo, quando lo sguardo di un animale era l’affetto più sincero che si potesse trovare; in un mondo reso irriconoscibile dalla barbarie della guerra, dove i colti ufficiali nazisti, pur educati alla lettura di Goethe e all’ascolto di Beethoven, perpetrarono crimini spaventosi; in una Varsavia annientata e completamente distrutta prima dai tedeschi e poi dai russi, Jan e Antonina Zabinski, con semplicità, tennero alta la speranza nell’uomo e nella sua dignità.
“Persone perbene che consideravano loro dovere agire contro l’orrore e aiutare chi ne aveva bisogno”. Così li ricorda oggi la figlia Teresa.
Una tragedia certo conosciuta, ma che non si deve mai, per nessun motivo, smettere di raccontare.
Laurea in Lettere, curiosissimo di tutto ma esperto di niente, cialtrone il giusto. Coltivo particolari feticci come la bacchetta di Leonard Bernstein, gli occhi di Bette Davis, il sorriso di Jack Lemmon. Scrivo su b-hop perché “le parole sono importanti (by Michele Apicella/Nanni Moretti). E se le usi per parlare di Bellezza fanno bene”.