Erano 25 anni che il regista britannico Christopher Nolan fantasticava un film sulla ritirata di Dunkerque, quella che fu chiamata Operazione Dynamo.
Maggio 1940, l’avanzata tedesca, passando per la foresta delle Ardenne, aggira la linea Maginot e sbaraglia l’esercito francese. Il corpo di spedizione inglese, 400 mila uomini schiacciati sulla Manica, riesce a rientrare in patria quasi al completo.
In Dunkirk, appena uscito nelle sale, Nolan ci racconta questa colossale impresa, scandendola sui tre piani di terra, cielo e mare, in diverse sequenze temporali.
Sgombriamo subito il campo: non si tratta di un film storico e sarebbe fuori luogo ragionare di questo. Ci troviamo invece di fronte ad un grandioso spettacolo fatto di pura immagine – luce e buio che accecano, rumori squarcianti, rombare di aerei, fischi di pallottole, bombe, siluri – e fatto di uomini che aspettano e poi corrono e scappano anche a nuoto, contro il tempo, contro il nemico – invisibile e quindi quasi simbolo del male assoluto da combattere – e contro, o incontro alla morte.
È un’opera che ci invita a riflettere sul coraggio delle scelte etiche dell’uomo posto di fronte a grandi concetti come la giustizia, la solidarietà, la patria.
Riportare a casa i propri soldati significava, ancor prima che conservare intatto l’esercito, mantenere integri sé stessi, a difesa della civiltà.
Tutti i personaggi sanno già come si deve o si dovrebbe agire, dal giovane soldato all’anziano civile inglese, stesse voci libere di un popolo che per circa un anno resistette, solo, alla barbarie nazista.
In un racconto che avanza come una drammatica visione d’insieme, spicca l’interpretazione lucida e partecipe di Mark Rylance, già premio Oscar per Il ponte delle spie e grande attore di palcoscenico, qui bandiera del coraggio civico britannico.
Cos’altro dire? La regia è formidabile, ossessiva sulla narrazione con efficaci salti temporali della sceneggiatura, e la fotografia è semplicemente epica.
Un film titanico, affresco maestoso di immagini che resteranno a lungo scolpite nella memoria. Da lustrarsi gli occhi.