(di Filippo Bocci) – Don’t Worry è l’ultimo lavoro del regista statunitense Gus Van Sant. Racconta la vera storia del celebre vignettista John Callahan che, abbandonato dalla madre naturale, ebbe un’infanzia infelice con la famiglia adottiva.
Dipendente dall’alcol già a tredici anni, a ventuno viene coinvolto con un amico in un drammatico incidente automobilistico e rimane quasi completamente paralizzato. Da lì comincia il suo cammino di rinascita interiore, che lo porterà a smettere di bere e a diventare un umorista conosciuto per la satira irriverente e dissacrante.

Il film non è interessato alla vicenda biografica ma esplora soprattutto i mutamenti dell’anima, scomponendoli in tante inquadrature, ordita trama di un unico racconto, dolente ma anche pieno di speranza e di fiera ironia.
La narrazione è in gran parte occupata dalle discussioni all’interno del piccolo gruppo di alcolisti anonimi di cui Callahan fa parte.
Le amicizie che John riesce a creare, il sostegno reciproco che nasce dalla comune tragedia, la profonda, sincera empatia che ne deriva, specialmente quella con Donnie che guida il gruppo, gli danno la forza di credere in una nuova opportunità; così la disabilità diventa paradossalmente la molla che aiuta il protagonista a elaborare i lutti del passato e a rifondare sé stesso e la corretta percezione dei suoi rapporti con gli altri.
Van Sant, sempre attento a suscitare l’attenzione dello spettatore sulle figure adolescenziali e le loro problematiche esistenze, come soprattutto nell’ideale trilogia della morte formata da Gerry, Elephant (Palma d’oro e miglior regia a Cannes nel 2003) e Last Days, ci restituisce un Callahan ossessionato dall’abbandono materno che, tuttavia, trova nella sua forzata condizione di immobilità l’occasione per fare i conti col passato e arrivare a una serena pacificazione con sé stesso e con la vita.
Straordinario, nel più profondo etimo della parola e cioè fuori ordine, letteralmente fuori controllo, il Callahan di Joaquin Phoenix, un febbrile tutt’uno con la bottiglia, la paralisi, il dolore, l’umiliazione. Ma anche dolcissimo e rasserenato, i chiari occhi sorridenti e fiduciosi nella vita.
L’attore americano, raggiunta la grande notorietà con il ruolo del crudele, morboso, gelido imperatore Commodo del Gladiatore, ha lasciato negli anni il segno in molte pellicole, tra cui Walk the line, The Master, Lei, Vizio di forma.
Qui tira giù un’altra folgorante interpretazione, piena di carattere e di forza fino all’eccesso. Joaquin Phoenix buca lo schermo, aderisce completamente al personaggio, non recita la parte di John Callahan, è veramente John Callahan. Vederlo lanciato a tutta birra con la sua carrozzina elettrica, come un bambino circondato da bambini felici, è un’immagine bella, intima, difficile da dimenticare.
È vero cinema.