(di Margherita Vetrano) Don’t look up è l’ultimo film di Adam McKay, uscito nel 2021. Candidato a 4 premi Oscar, racconta la storia di due astronomi americani (Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence).
Venuti a conoscenza dell’incombenza di una cometa che distruggerà la Terra, i due cercano di allertare l’umanità del pericolo incombente.

Irrisi dalla Presidenza di Stato (un’adorabilmente detestabile Meryl Streep), proseguiranno nella loro battaglia fino a dividere in due l’opinione pubblica.
Nascono i movimenti “Look up” e Don’t look up, in contrapposizione, che proseguiranno la diatriba fino ad un’epilogo scioccante.
La guerra si combatte con armi mediatiche.
Come in un grande show, i giorni prima dell’impatto trascorrono a colpi di concerti, comizi e scandali, tacitando la realtà.

Regista e sceneggiatore, classe ’68, Adam McKay ordisce un film catastrofico che richiama alla memoria pulsioni da “Cassandra Crossing” a “L’avventura del Poseidon“.
Oscillando tra premonizione e monito,
la vicenda è solo un pretesto per mettere a nudo la natura umana.
Il gioco di ruoli si perfeziona nella concretizzazione di paure, reazioni e debolezze che scaturiscono nei protagonisti, sovrastati da fatti incontrollabili.
Tradimenti, voltafaccia, manipolazioni sono solo alcune delle piaghe che li contaminano.
Nel lungo tragitto dalla provincia alla Casa Bianca, i puri sono corrotti e i falchi trovano una scappatoia, raggirando ed illudendo la folla.
Ma come in ogni tragedia che si rispetti, l’epurazione finale arriverà per tutti consegnando alla storia giusti e vili.

Don’t look up (non guardare in alto) è il nome del partito promosso dalla Presidente degli Stati Uniti d’America, contraria alla teoria della cometa che distruggerà la Terra.
Il suo significato più implicito però è un richiamo a tenere la testa sotto la sabbia, a non guardare oltre la punta delle proprie scarpe.
Strategie politiche spingono all’immobilismo per meri obiettivi economici.
La potenza americana come simbolo di un potere assoluto globale, rifiuta ciò che può minacciarlo, sminuendo la realtà dei fatti.
Il film sottolinea la superficialità dei tempi, affidandola all’inseguimento della vita “tutta in un minuto”.
Ispirato a fatti verosimili, il film traduce in immagini la reazione umana di fronte a disastri globali e l’occhio disincantato di McKay non lascia grandi speranze all’umanità.
La piccolezza dell’uomo di fronte alla natura, l’imperfezione dei suoi strumenti e la fallibilità del “piano perfetto” sono solo una delle frecce al suo arco.
Mai come adesso era necessario switchare dal buonismo e dal modello americano invincibile.
Il mainstream si presta ad inscenare una soluzione possibile, smascherando retroscena presunti.

Poco rassicurante ma con la giusta dose di disincanto, Don’t look up ci racconta noi stessi attraverso uno specchio impietoso che nega il coraggio, la risolutezza e l’eroismo a tutti i costi.
Di fronte alla fine del mondo ognuno fa ciò che può e la catarsi multimediale che spazza via ogni brandello di “civiltà” non lascia spazio alla pietà.
Non c’è redenzione nemmeno per chi trova scampo in un altro mondo, ricominciando in un Eden più spietato della corruzione.
Apprezzabile anche per gli osteggiatori della cinematografia a stelle e strisce, a volte pacchiana e troppo patinata, Don’t look up riesce a miscelare la giusta dose di ironia e cinismo dando uno spunto di riflessione.