Mi ricordo montagne verdi ed il popolo unito che non sarà mai vinto, e quell’erba di casa mia che ballava il tuca tuca, mi ricordo tippy e gugù, jo condor e napo orso capo. E mi ricordo di qull’uomo, magro, elegante, serio e profondo, che veniva da lontano e per sempre si fermò, amato più di un figlio, diventando più di guerriero nuragico: forse era lui che gli antichi sardi prefigurarono nelle statue colossali di Monte Prama, se è vero che lui è il Rombo di Tuono.
Lo ricordo con gli occhi di un bambino reso felice dai suoi goal, lo ricordo dopo lo scudetto del Cagliari del 1970, ricordo una sua quadrupletta al derelitto Lussemburgo, ricordo una rete di testa contro la Svizzera quando saltò in mezzo a due elvetici e li sradicò dalla palla, ricordo gli applausi che giungevano dagli spalti avversari quando lui segnava con il suo sinistro iperumano.
Ricordo che lo si vedeva girare per Cagliari con la sua Alfa Romeo Montreal color bronzo e chi lo vedeva sapeva che si stava recando al mare, in qualche luogo solitario. Lui ed il mare, lui e la Sardegna dei paesini interni, lui indissolubilmente amato dalla sua amante sacra, Cagliari, la città del sole, della Sella del Diavolo, dal suo sinistro resa vieppiù luminosa.
Ricordo le immagini tristi del suo ultimo infortunio, viste in tivù a novantesimo minuto, un grido, un muscolo che si strappa, un avversario che si accorge del dolore e si ferma, uno stadio che ammutolisce. Ed un bambino che pianse, sperando che lui, Rombo di Tuono guarisse in fretta per salvare il suo Cagliari, che scivolava mesto in serie “b”, sperando che gli permettesse di godere ancora un po’ della sua gioia a pugni chiusi verso il basso dopo ogni goal. E sono passati anni, tanti ormai, nei quali una città ha coccolato il suo figlio adottivo più dolce, salutandolo con discrezione nelle sue quotidiane passeggiate, o mentre insegnava a calciare il pallone ai bambini, ai tanti bambini della sua scuola calcio.
La puntata quotidiana da signor Demontis per il giornale e le sigarette, tanti sorrisi lievi a chiunque gli dicesse, tanto per cambiare, “grazie”, l’amicizia con i compagni del Cagliari campione, anche loro stregati, ammaliati, sedotti dal mal di Sardegna, anche loro fermatisi per sempre nella città del Golfo degli Angeli. Greatti, Martiradonna, Nené, Brugnera, Reginato, alcuni non ci son più, altri non son stati fortunati, tutti hanno potuto contare su Rombo di Tuono. Non tutto è rose e fiori, lo insegna la vita, che si leggeva e si legge sul volto, spesso segnato da smorfie di dolore, ché le ossa immolate al calcio si fanno sentire. Ma nessuno penserebbe mai di disturbarlo o di non dargli il passo, perché c’è sempre quel “grazie” che si dice dal cuore, a chi ti ha fatto del bene anche senza saperlo. Lo han detto tutti, anche nel calcio nazionale “se non ci fosse stato lui al mio fianco…”, tanti che hanno preso a calci il pallone guadagnando fortune che lui si è sognato perché è restato sempre con la maglia rossoblù sulla pelle ed ha rinunciato ai denari per l’amore di una terra dura e spesso silenziosa, come lui, nelle sue passeggiate con passo cadenzato, con la sigaretta tra le dita, con il sorriso sempre aperto a chi gli dice “buona giornata, Gigi”.
Sì, buona giornata Gigi Riva, buon compleanno, 70 anni che forse chissà cosa significheranno per te, a volte perso nella solitudine di ricordi lontani di una infanzia triste e di povertà, ma quanti cuori hai conquistato, quante mani hai fatto spellare, quante lacrime hai fatto versare. Sì, buon compleanno Gigi Riva, nella tua passeggiata, se la farai, non troverai fastidi e pacche sulle spalle, ma sorrisi pudichi e le strade che si aprono al tuo passaggio come un mar rosso d’asfalto.
Ci sono i nipoti che ami, i figli che ti stanno intorno, gli amici che ti cercano sapendo che forse, in questi momenti, vuoi sempre tornare sulla tua auto ed andare a respirare da solo. Ci sono gli amici ed i semplici conoscenti, a volte anche sconosciuti, che non hai, tu, mai lasciato soli. Non resterai solo, ma nessuno ti imporrà il suo augurio, sarà un “grazie” al prossimo incontro per strada, sarà uno dei tuoi bambini della tua scuola calcio oggi grande e padre, che avrà imparato da te l’onore e la lealtà. Ma lasciami, Gigi Riva, ancora una lacrima, al pensiero che ci hai voluti così bene, che sei tu che hai adottato noi, con i tuoi compagni, in quegli anni fantastici, facendoti carico di un’Isola, non solo di un pallone da calciare in rete. Per questo, e tanto altro ancora, Grazie, Gigi Riva.
Buon Compleanno Campione.