(di Massimo Lavena) – Jojo Rabbit chi sei? Tu sei un capolavoro, piccolo Johannes, detto Jojo Rabbit, sei un bambino, non sei un nazista. Lo sai? La tua amica, l’ebrea, sai cosa farà una volta fuori, eh JoJo? Ballerà. Sì Ballare, come facevi tu con la tua mamma. Ballare JoJo. E poi via quell’amico immaginario così… così… ingombrante? Con quei baffetti, quella pancia birrosa, quelle frasi sulla razza, quella violenza verbale che si ripercuote su di te, solo su di te.
Il film “Jojo Rabbit” è fresco vincitore del premio Bafta per la migliore sceneggiatura non originale, che il regista Taika Waititi ha tratto dal romanzo di Christine Leunens “Come semi d’autunno“ (Caging Skies) ed è candidato a 6 premi Oscar.
E tua mamma, Jojo Rabbit? Oh tua mamma Rosi, così dolce e bella, misteriosa, con le sue scarpette eleganti, il cappellino, ed un cuore grande, enorme. Ti sostiene, ti aiuta, ti prende in giro, Jojo, ma non ti fa mancare niente, soprattutto il suo amore smisurato.
Non condivide le tue idee, tua mamma, che aiuta una ebrea, lo avresti mai creduto Jojo Rabbit? Uno di quegli orrendi mostri che ti hanno descritto ai corsi per i giovani nazisti. Ma non ti fa mai mancare il suo amore, e cerca di farti capire dove è la verità.
Quei campi dove tutto è purezza, la razza ariana dominerà, anche se la guerra lo sanno tutti che ormai è persa. Shhhhh Jojo, non è vero, è tutto un trucco. La grande razza ariana dominerà il mondo, e per questo i bambini ed i ragazzi debbono esser pronti a donare il proprio sangue per il Führer: imparare ad usare il coltello, correre all’attacco, tirare granate, sparare, tutto sempre con la gioia di poter gridare Heil Hitler.
Johannes, il tuo sguardo stralunato di un bambino che cerca di essere il perfetto nazista, con i dubbi che gli si presentano in maniera drammatica, è uno sguardo ingenuo e a volte trasognato: dalla ricerca delle risposte dal suo amico irrazionale Adolf che mangia un unicorno,
filtra il nazismo tra la lievità del sogno e la demoniaca realtà dell’orrore della guerra.
La guerra che richiede le sue vittime, e che si manifesta in JoJo con una violenza che non concede sconti.
Hai visto Jojo, anche se ti prendevano in giro, anche se eri piccolo, scoordinato, strano, avevi sempre il tuo migliore amico, Yorki, che a fare la guerra ci andrà sul serio.
Hai visto Jojo, c’è tutto intorno a te: l’eroe di guerra disilluso, con un occhio di vetro, che amoreggia con un sottoposto; la nazista fanatica che esalta la guerra ed il Reich;
i cadaveri impiccati nella piazza e la bella Elsa, nascosta da tua mamma, lei che non ha le squame, non succhia il sangue, non uccide i bambini; intorno a te ci sono i diavoli neri della Gestapo con i quali costruisci una sequenza che passa dalla comicità surreale alla Fratelli Marx alla delicatezza del non detto di “La vita è bella”.
Oh, Jojo Rabbit, sai che dobbiamo proprio ringraziarlo Taika Waititi, il tuo regista: rende il suo film
un affresco surreale multicolori, con battute esplosive e lacrime dietro l’angolo.
Un ritmo che dall’iniziale scanzonato scema progressivamente verso il drammatico così come le apparizioni della macchietta di Adolf, che sempre meno amico ti è.
Da Jojo interpretato dall’esordiente Roman Griffin Davis alla dolce e coraggiosa Elsa interpretata da Thomasin McKenzie: passando per il disincantato Yorki di Archie Yates, e per il deluso e coraggioso Sam Rockwell alias Capitano Klenzendorf, si arriva al delirante Adolf interpretato dallo stesso regista Taika Waititi che non sembra mai ciò che è ma si rivela sempre peggio di ciò che si può pensare, in rapporto ad un bambino.
Tutti gli interpreti regalano una leggerezza ed una veridicità ai loro personaggi che accompagna i sentimenti in ogni ambito della nostra anima. Riso, tristezza, amore, morte, senza soluzione di continuità.
Menzione a parte, in un cast che viene gestito meravigliosamente dal regista, è per Rosie, la mamma, interpretata da Scarlett Johansson: apparentemente un piccolo ruolo, ma la sua capacità di tenere lo schermo, qualsiasi sia la scena richiesta, porta lo spettatore a ringraziarla per ogni secondo che la storia le regala e per come riesce a tratteggiare una donna meravigliosa.

Una grande interprete del film è la musica: la colonna sonora originale è scritta da Michael Giacchino, con tratti epici e drammatici che rientrano ormai nelle corde del compositore italo-americano, capace di passare dal fantasy al drama senza problemi.
Ma sono le tante canzoni distribuite lungo i 108 minuti del film a trasportare lo spettatore in una dimensione parallela, fatta di intrecci lisergici e di sovrapposizioni metalinguistiche che strappano l’applauso: dalla versione tedesca Komm, gib mir deine Hand della canzone dei Beatles I Wanna Hold Your Hand dei titoli di testa, con le immagini dell’isteria collettiva ai concerti dei quattro di Liverpool sovrapposte alle immagini delle manifestazioni deliranti della Gioventù hitleriana, si passa attraverso Tom Waits che con la sua I Don’t Want to grow up irride alle esercitazioni della Hitler-jugend.
Per giungere trionfanti alla libertà di ballare sulle note rinvigorenti di Helden, versione tedesca di Heroes di David Bowie. In mezzo tanta eleganza con mamma Rosie ed Ella Fitzgerald: ma questa è la tua storia, vero Jojo?
Come si fa a non amarti?
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