di Walther Gusai – Quanti di noi si sono domandati: cosa farei se mi restasse poco da vivere? Accetterei la cosa? Sarei rassegnato? Cercherei di reagire e vivere a pieno il tempo che mi resta?
Tra chi ha vissuto a stretto contatto con queste problematiche c’è Alessio Vicenzotto, marito di Elisa Girotto, morta nel settembre del 2017 a causa di un cancro al seno.
Elisa non ha dovuto fare i conti soltanto con sé stessa, con il marito e gli affetti più cari: Elisa portava in grembo sua figlia, Anna, e con sé la paura di non poterla vedere neanche per un istante, neanche una sola volta.
Subito dopo la diagnosi la domanda: cosa fare? Giorni tremendi per lei e per il marito: consulti, appuntamenti e visite in tutte le strutture del Nord Italia, dallo Iov di Padova al Centro di riferimento oncologico di Aviano, dall’Istituto nazionale dei tumori di Milano all’Istituto scientifico tumori di Genova. Seguirono, poi quattro operazioni, nel tentativo di arginare l’avanzata del carcinoma. Ma il tumore correva dritto per la sua strada, incurante della chirurgia e delle chemioterapie.
Fu qui che Elisa, presa dall’irrefrenabile voglia di stare accanto alla sua bambina, di farle sentire in qualche modo la sua presenza durante la vita, mette in pratica un’idea: quella di
fare alla piccola diciotto regali, fino alla maggiore età.
Da questa idea e dalla voglia di rendere nota la storia di Elisa nasce il film di Francesco Amato: “18 regali” tratto dalla storia vera di Elisa Girotto con Vittoria Puccini nel ruolo di Elisa, Benedetta Porcaroli nel ruolo di Anna ed Edoardo Leo nel ruolo di Alessio Vicenzotto, che ha collaborato alla sceneggiatura del film assieme a Massimo Gaudioso e Davide Lantieri.
La pellicola è uscita nelle sale cinematografiche italiane a gennaio 2020.
Il film è ambientato nell’estate del 2001. La retrodatazione nasce dal desiderio di mostrare la crescita della piccola Anna e le sue reazioni nei confronti dell’idea (e quindi dei regali) di sua madre.
Durante l’infanzia Anna appare inizialmente felice di pensare che c’è la mamma dietro ai quei doni che puntualmente il papà ha premura di farle ricevere.
Tuttavia, crescendo si rende conto che questa idea, seppur comprensibile, non basta, non è necessaria a restituirle ciò che ha perduto.
Il personaggio di Anna si mostra, dunque, ostile al giorno del suo compleanno. Come se le ricordasse e amplificasse, in qualche modo, il senso di vuoto provocato dall’assenza di sua madre.
Il giorno del suo diciottesimo compleanno fugge dalla festa, durante la quale avrebbe dovuto ricevere il suo diciottesimo regalo. Fuggendo viene investita da un’auto, sviene.
Al risveglio scopre che alla guida dell’auto c’è proprio sua madre, 18 anni prima.
Attraverso l’espediente del “sogno” in stato di coma è stato possibile far convivere, anche se per un breve periodo (quello antecedente la morte di Elisa e la nascita di Anna) mamma e figlia, permettendo loro di conoscersi e instaurare un rapporto più che amichevole.
Anna può finalmente conoscere le ragioni che hanno spinto sua madre a quel gesto che non ha sempre apprezzato, comprendendola e giustificandola, mettendosi nei suoi panni.
Il film ci mostra non solo l’amore di una mamma per sua figlia, ma
la forza che la piccola Anna, ancora nel grembo materno, riesce a dare ad Elisa
la quale si preoccupa di lasciare un briciolo di infinito a sua figlia, vuole donarle la sua presenza costante. La pellicola si mostra sicuramente come
un elogio alla vita e al desiderio di viverla a pieno,
fino in fondo, anche se ciò, a volte, significa accettare che ci resta poco da vivere.
“Quomodo fabula sic vita non quam diu sed quam bene acta sit” (Lucio Anneo Seneca): la vita è come una commedia, non importa quanto è lunga ma come viene recitata.
Vale a dire che anche in un breve periodo si possono compiere gesta esemplari per lasciare un segno. Come permettere ad Elisa di fare un dono a sua figlia:
attraverso 18 regali lei le dona tutta sé stessa.
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