“Morte di un commesso viaggiatore”, uno degli spettacoli maggiormente applauditi e premiati nella scorsa stagione è, fortunatamente per chi non l’ha visto, ancora in scena. Lo spettacolo, che ha come regista e protagonista Elio De Capitani, premio Hystrio 2014 per la migliore interpretazione, ripropone coincidenze importanti tra il momento storico attuale ed il testo scritto nel 1949 da Arthur Miller, che all’epoca vinse il Premio Pulitzer e che è ancora considerato come uno dei maggiori successi teatrali del dopoguerra.

Originariamente l’idea era quella di raccontare, anche in chiave comica, quanto si agita all’interno della testa di un uomo (il titolo sarebbe dovuto essere The inside of his head – Dentro la sua testa), poi Miller arrivò al “Commesso viaggiatore” lavorando sull’ipotesi di restituire, non solo letterariamente, ma anche sul piano della scrittura scenica, il contemporaneo coesistere e compenetrarsi di presente e passato nella vita di un essere umano.
Conseguentemente in “Morte di un commesso viaggiatore” non vi sono flashback, ma soltanto un sovrapporsi di passato e presente e questo perchè, nel suo disperato tentativo di giustificare la propria vita, Willy Loman, il protagonista della pièce, ha distrutto i confini tra la memoria e la realtà.
Willy “aveva l’unico sogno che un uomo può avere: diventare il primo in quello che fa”, aveva l’ambizione che oggi, in forme ancora più esasperate ed assolutistiche, inquina la nostra società. Infatti per essere i primi si diviene tutti commessi viaggiatori, dediti a vendere qualsiasi prodotto senza nessun scrupolo, ma soprattutto disponibili a svendere la merce più importante: sè stessi; miseramente prostituiti ad assumere nella vita quotidiana non il proprio ruolo ma quello che la società impone e che si immagina possa permettere di ottenere il massimo del successo e conseguentemente del profitto.
L’ultimo giorno di vita di Willy, in questo efficace allestimento di Elio De Capitani, diviene quindi non sola la storia di uomo alle prese con debiti, mutui da pagare, relazioni familiari complesse ed irrisolte ma soprattutto una storia collettiva, la storia della società in cui oggi viviamo, società che ha deciso scientemente di bruciare i propri ideali e valori sull’altare di una divinità intrinsecamente effimera quale è il Dio Successo.
A coadiuvare De Capitani in quest’opera va sottolineata la perfetta ed affiatata prova dell’intero cast, i costumi e in particolar modo le scene, totalmente funzionali alla necessità di dare dinamismo al sovrapporsi di presente/passato, create da Carlo Sala. Sono trascorsi molti decenni da quell’esordio a New York con la regia di Elia Kazan, dallo storico allestimento che andò in scena all’Eliseo di Roma con la regia di Luchino Visconti ma ancora oggi “Morte di un commesso viaggiatore” lascia nello spettatore un’emozione profonda che non si conclude con il calare del sipario .