di Maralis – Il progetto si chiama Rastplatz, letteralmente “piazzola di sosta”. E’ una cucina mobile a bordo di un camper che periodicamente lascia la Svizzera per raggiungere zone di confine nei Balcani. Ma anche le banlieue parigine e i campi di Dunkerque in Francia.
Joel, Ketty, Alexandra e gli altri, preparano zuppe di riso, minestroni e maklube per i rifugiati.
«Era il settembre del 2015, io e la mia ragazza vedevamo in tv quelle terribili immagini di profughi dalla Siria che percorrevano la rotta balcanica. Le frontiere erano chiuse, il gelo dietro l’angolo. Noi avevamo una specie di pulmino che usavamo per organizzare Festival di musica. A quel punto ci siamo detti: che facciamo? Ed è stato un attimo».
A raccontare l’inizio dell’avventura è Joel, 42 anni, fotografo di professione, al telefono con b-hop da Basilea.
I due ragazzi hanno fatto una colletta, racimolato cibo sufficiente per due settimane, salutato amici e parenti e sono partiti. Destinazione Presevo, al confine tra Serbia e Macedonia.
Quasi subito si sono aggregati Jael, Simon, Marina, Ketty, Alexandra, Asael che nella vita sono operatori sociali, infermieri, giornalisti. Si danno il cambio alternando le loro vite ‘svizzere’ al volontariato itinerante.
«All’inizio è stato difficile anche solo capire come muoverci: che strada seguire, dove trovare i migranti», spiega Joel.
Poi la rete e i social hanno fatto il resto.
«I richiedenti asilo cambiavano zona di continuo: era proprio l’inizio di una nuova rotta. Allora ci siamo affidati a facebook».
Da Presevo sono passati a Bapska, nei campi di mais tra Serbia e Croazia.
«La gente doveva registrarsi prima di passare il confine. C’erano interminabili file d’attesa al freddo. Ci siamo fermati lì con altre decine di volontari e attivisti».
Cucinavano zuppe calde e distribuivano frutta e acqua.
Poi sono arrivati anche i piatti siriani a base di riso, pollo e melanzane, come il maklube, tipico del Medio Oriente. Il pulmino era utilizzato pure come punto di ricarica per i cellulari o per distribuire abiti usati e kit sanitari.
Quel camper un po’ vintage, di un bel colore arancione, super equipaggiato in due anni ha percorso migliaia di chilometri, passando dai Balcani al cuore d’Europa.
Oltre ai muri il gruppo di Rastplatz ha scoperto un altro fronte compatto: «quello dei ‘no borders people’, delle casalinghe che vogliono rendersi utili, dei cooperanti di professione, i medici».
Periodicamente Joel va ai raduni tra ‘colleghi’, l’ultimo dei quali a Berlino. Nel 2016 i ragazzi sono stati nella ‘jungle’ di Dunkerque, nel nord della Francia, al confine con l’Inghilterra. Le foto e i video che hanno postato, parlano da soli.
Si vede un accampamento di tende nel fango e poi l’interno di una cucina da campo con l’acqua che scorre, verdure sui taglieri e il benvenuto ai rifugiati curdi.
«In questo momento i miei amici sono a Parigi – racconta ancora Joel – Presto li raggiungo anch’io. In Francia c’è bisogno di cucinare per chi arriva da Siria, Afghanistan, Africa», sebbene il flusso si sia un po’ fermato ora, per via degli accordi con i Paesi di transito.
Quest’estate Rastplatz ha fatto tappa anche a Roma: destinazione piazzale Maslax alla Tiburtina, con i volontari del Baobab.
«Ci siamo andati soprattutto per i nostri figli: abbiamo portato alcuni bambini del gruppo. E’ stato una specie di programma educativo per loro! In Svizzera è tutto così perfetto, una bolla di benessere. Non vogliamo che i nostri figli crescano nell’illusione, vogliamo che vedano davvero il mondo. Fin da piccoli».