Adesso lo possiamo dire con certezza: quando Franco Battiato, nella canzone “La cura“, vantava le propria capacità di superare le correnti gravitazionali, non stava millantando credito. Quelle che, più correttamente, si chiamano onde gravitazionali esistono davvero e, dopo 100 anni di gioco a nascondino, gli scienziati sono riusciti a scovarle.

Ipotizzate da Albert Einstein nel 1916, nella sua formulazione della relatività generale, le onde gravitazionali possono essere spiegate ricorrendo all’analogia del sasso tirato nello stagno che produce una serie di increspature che si propagano sulla superficie dell’acqua. Nel nostro caso lo stagno sarebbe lo spazio tempo (ovvero la quinta su cui si svolge la nostra esistenza fisica, composta dalla tre dimensioni e dal tempo) e le increspature sono proprio le onde gravitazionali. Il sasso della nostra analogia, invece, è rappresentato da oggetti molto massicci come i buchi neri, i sistemi binari di stelle o le galassie in formazione.
È stato proprio osservando gli effetti dello scontro tra due colossali buchi neri che i ricercatori hanno per la prima volta visto ciò che la mente di Einstein aveva predetto esattamente un secolo fa e cioè una quantità di energia liberatasi dalla collisione che andava ad increspare lo spaziotempo.
Nonostante le grandi forze in gioco, le vibrazioni delle onde gravitazionali sono molto elusive: producono effetti misurabili in pochi milionesimi di atomo. In più è da considerare che anche il nostro sistema di osservatori e i nostri strumenti si trovano immersi nello spaziotempo e quindi si trovano direttamente coinvolti nel fenomeno. Per questi motivi la comunità scientifica era molto scettica sulla possibilità di dimostrare l’esistenza delle onde gravitazionali, almeno fino alla scorsa settimana quando, dopo un paio di falsi “allarmi”, dagli Stati Uniti e da Pisa è arrivato l’annuncio ufficiale della loro scoperta.

In che modo le onde gravitazionali rappresentano una rivoluzione nella ricerca fisica e cosmologica? È bene sapere che non tutto ciò che è presente nell’universo è osservabile con strumenti ottici o tramite le onde radio. Le onde gravitazionali portano informazioni altrimenti inaccessibili su momenti di vita e oggetti del nostro universo. A partire dai buchi neri che, come si intuisce dal nome, risultano invisibili ai telescopi e che quindi erano stati osservati solo per via indiretta. Tramite l’evento annunciato (ma avvenuto un miliardo di anni fa!), i buchi neri in collisione hanno cominciato a dare precise notizie di se stessi proprio attraverso le vibrazioni delle onde gravitazionali.
Insomma, siamo di fronte ad una scoperta epocale, che potrà aprirci a nuovi misteri della bellezza dell’universo di cui siamo parte.