Come per la rosa di Umberto Eco, anche delle stelle, per moltissimi anni, non abbiamo posseduto che i nomi. Nulla si sapeva della loro origine e della loro natura, ma ogni notte questi punti luminosi si presentavano familiari e pulsanti agli occhi di babilonesi, egizi, greci, romani, arabi. Oggi sappiamo benissimo che le stelle sono immense fornaci dove si brucia l’energia dell’universo, ma della antica consuetudine di interpretarne significati e influenze (legate soprattutto agli eventi stagionali) è rimasta la necessità di raggruppare le stelle nel recinto delle costellazioni e, all’interno di esse, di identificare le stelle più luminose, che ancora oggi portano nomi di chiara radice classica o, nella gran parte dei casi, araba.

Alcuni di essi sono diventati anche nomi propri di persona. Il caso più evidente è quello di Sirio, l’astro più luminoso del cielo. Il suo nome, diffuso sia nella variante maschile che in quella femminile, ha origine dal greco e significa “la splendente” o “l’ardente”. Meno comune, ma comunque presente, è Denebola il nome di una stella nella costellazione del Leone che tradotto dall’arabo suona come “la coda del leone”.
La presenza, tra le costellazioni, di un nutrito zoo fatto di cigni, leoni, aquile, orse etc. ha determinato anche una nomenclatura stellare legata al mondo animale. Tra le stelle più luminose del cielo estivo troviamo, ad esempio, Altair che indica “l’aquila in volo” e che contende il primato di luminosità a Deneb che deve accontentarsi di essere “la coda della gallina” visto che gli arabi vedevano questo animale dove noi identifichiamo un più nobile cigno. La costellazione dell’Orsa Maggiore è piena di riferimenti alle parti del corpo dell’animale. Tra le più interessanti citiamo Mizar che identifica i lombi dell’orsa e che fa coppia con la vicina e meno luminosa stella Alcor. Se in una serena notte di estate riuscite a distinguerle, è la prova che possedete una vista perfetta.

Nella costellazione dello scorpione, invece, oltre alla famosissima Antares che fa riferimento al colore rosso intenso tanto da rivaleggiare con Marte (Ares per i latini), troviamo Acrab (“lo scorpione”, appunto), Grafias (“la chela”) e Shaula (“il pungiglione”).
Molti sono i riferimenti agli eventi legati al trascorrere delle stagioni: la stella più luminosa della Vergine si chiama, infatti, Spica e sempre nella Vergine troviamo Vindemiatrix che ha mantenuto il suo nome legato alla vendemmia anche se oggi per il fenomeno della precessioni degli equinozi sorge in un periodo diverso dell’anno.
Nel nostro emisfero, infine, non esistono stelle che riproducono nomi propri di persone realmente esistiti. Più volte gli astronomi di corte hanno provato a ingraziarsi sovrani, dando il loro nome a stelle o pianetini di recente scoperta. Questa piaggeria non ha incontrato fortuna se si eccettua Cor Caroli, la stella più luminosa della costellazione dei Cani da Caccia così chiamata in onore del Re d’Inghilterra Carlo II

Più divertente la storia che si cela dietro Rotanev e Sualocin due stelle della piccola costellazione del Delfino. Questi bizzarri nomi si trovano usati per la prima volta in un catalogo stilato dall’astronomo Michele Piazzi e dal suo assistente Nicolò Cacciatore. Ci vollero parecchi anni e l’acribia di un astronomo inglese per accorgersi che Rotanev e Sualocin altro non erano che il nome e cognome di Nicolò Cacciatore latinizzato e scritto con le lettere inverse.
E se una storiella che circola tra gli astrofili dice che esistono molte ragazze con il nome di Stella, ma nessuna stella con il nome di ragazza, ricordatevi che è possibile su diversi siti on line dare il proprio nome o quello di una persona cara a una delle miliardi di stelle presente nel nostro cielo. Il gesto è puramente romantico e non ha alcun valore scientifico. Se davvero volete vedere il vostro nome su un atlante o un catalogo di oggetti celesti potete deviare la vostra attenzione sugli asteroidi o le comete.
C’è un particolare non irrilevante, però: dovete esserne gli scopritori!