Cosa accadrebbe se tutta l’elettricità del mondo smettesse improvvisamente di funzionare? Una catastrofe apocalittica? Una guerra di tutti contro tutti alimentata dal desiderio di accaparrarsi le risorse primarie (e non solo)? Chi non ha fatto, anche solo per un momento, un pensiero simile? Come sarebbe la nostra vita senza i mille dispositivi elettronici o informatici che fanno parte della nostra quotidianità?
La visione dominante di una possibile catastrofe post-apocalittica – suggerita da Hollywood e da telefilm di serie B – è però poco attinente a quanto realmente potrebbe accadere in caso di black out definitivo.
Senza dubbio la regressione tecnologica provocherebbe non pochi problemi. Ma “problemi” non è sinonimo di “violenza indiscriminata”. Non necessariamente, almeno.
A mio parere l’ingegnosità umana, dopo una prima fase di smarrimento – e non di violenza – troverebbe soluzioni al problema, magari ripercorrendo alcune tappe della propria storia. In fondo la scoperta dell’elettricità e l’invenzione delle sue applicazioni sono realtà relativamente recenti.
Potrebbe emergere, quindi, un mondo che tende al passato mantenendo alcune necessità dell’attualità.
In un mondo senza più internet né telefono è plausibile veder rifiorire la tradizione dei pony express e della posta scritta a mano. Una riorganizzazione delle comunicazioni in fondo non è così difficile da ricostruire.
Senza i mezzi che sfruttano l’energia elettrica, buona parte dei mestieri e delle attività lavorative che vengono attualmente svolte sparirebbero. Le comunicazioni verterebbero quindi prevalentemente sui rapporti personali, portando con sé una riscoperta autentica di questi valori, grazie all’impegno necessario per mantenerli, vista l’assenza di facilitazioni dovute agli odierni mezzi di comunicazione. Le innumerevoli relazioni a distanza (tra familiari, amici e amanti) che caratterizzano la modernità della globalizzazione sarebbero messe a dura prova, verso un consolidamento cosciente o una sincera rottura.
L’altro grande tema è quello economico: senza le attuali attività lavorative dovremmo tornare a “vecchi” mestieri, a professioni sparite da recuperare e, in molti casi, da reinventare. Contadini, artigiani e mercanti tornerebbero a dominare il panorama lavorativo.
Senza contare che l’intero sistema economico di riferimento sarebbe da reinventare dato che il nostro denaro, con la distruzione del sistema bancario, diventerebbe totalmente privo di valore, soppiantato da un iniziale ricorso al baratto, seguito dalla ricostruzione di qualche tipo di sistema monetario, magari fondato sul valore effettivo della moneta di scambio, data l’impossibilità – almeno iniziale – di costruire un sistema di credito efficace.
Con la parziale scomparsa dei lavori “di servizio” in favore di quelli pratici e produttivi, e senza gli eccessi del consumismo (resi impossibili dalle estreme difficoltà nei trasporti), il marketing e la creazione del bisogno verrebbero meno, e con esso la quasi totale “necessità” di accesso al credito.
E le guerre e i conflitti? Ce ne saranno di più o di meno?
Dobbiamo comunque tener conto che il progresso culturale e tecnologico è esistito. Quindi un mondo che perde improvvisamente l’uso dell’energia elettrica non perde altrettanto improvvisamente il proprio progresso culturale, anche se questo con il (lungo) tempo si adatterà alla nuova situazione storica.
La cultura generale ci impedisce di tornare, dunque, ad antiche forme di colonialismo imperialista in senso militare. Venendo anche meno la ragione finanziaria sottesa alla guerra moderna e le tecnologie utili alla guerra “spersonalizzata” (bombardieri, satelliti militari, missili a lungo raggio, ecc.) è plausibile pensare che buona parte dei conflitti in corso sparirebbero. Ciò non significa che senza elettricità i conflitti armati svanirebbero – sarebbe utopia pura – ma la guerra si adatterebbe alle nuove condizioni storiche, in “quantità” e cruenza.
Si tratta per lo più di fantasie, data l’improbabilità del verificarsi di un tale evento storico. Ciò non toglie che riflettere sulle conseguenze del venir meno di certi artifici tecnici (mezzi di comunicazione immediati, economia finanziaria, armi tecnologicamente avanzate, ecc.) offra spunti utili a ripensare le nostre priorità e ciò cui vogliamo attribuire valore o meno.
Io amo, io lavoro, io agisco, scelgo e vivo, senza “se”, senza vincoli tecnici. Se la costruzione della mia vita, delle mie necessità, dei miei rapporti e della mia identità è legata troppo intimamente alle moderne tecnologie rischio di subordinare tutti questi aspetti alle tecnologie stesse.
E’ il caso di ripensare le nostre priorità di vita, senza demonizzare gli straordinari traguardi delle moderne tecnologie? Il dibattito è aperto.