E’ partito da studente, da specializzando, giovane ricercatore, poi professore associato e, oggi, come direttore della I clinica ortopedica del Rizzoli di Bologna. Ma Cesare Faldini lo aveva promesso a se stesso e al padre, il grande chirurgo Alessandro, che l’Africa non l’avrebbe mai abbandonata.
Per curare i bambini e gli adulti con problemi agli arti, sottrarli alla deformità e all’isolamento sociale, per formare il personale locale, per ridare speranza. Per restituire a quella terra affamata di futuro occasioni di vita negate da economie sfavorevoli. E così, con colleghi diventati, negli anni, fratelli e sorelle di bene e condivisione, è ripartito per la sua Africa, alla volta del Camerun, dopo Tanzania, Eritrea, Guyana.

40 kg di bagaglio a testa, tre container-sale operatorie imbarcati e appena arrivati dopo mesi di viaggio, e gli angeli volontari di Ortopedici.org , si sono messi all’opera.
“Da quando abbiamo iniziato, nel 1998, ci siamo resi conto – racconta Faldini a B-Hop Magazine – che dovevamo svolgere le missioni in modo continuativo. I viaggi erano sporadici, i costi insostenibili e non sempre riuscivamo a controllare i pazienti operati. Allora abbiamo pensato ai container per trasportare le attrezzature e i medicinali, riparare e istallare i componenti delle sale operatorie ed eccoli. Sono partiti da Pianoro (Bologna) a luglio, sono arrivati adesso”.
Dentro quegli enormi contenitori metallici scorre la vita. Del piccolo Alfy, 11 anni. Di suor Lucy, in sedia a rotelle da cinque – ne ha solo 52 di anni – per un ginocchio che nessun pediatra, quando era piccola, ha mai guardato. Per Sheila che, a 25 anni, ha tutto il diritto di sognare.
Per decine e decine di persone che vedono arrivare i dottori che raddrizzeranno le loro gambe e le loro braccia malamente attaccate.
E impareranno dai fisioterapisti – impossibile completare il lavoro senza di loro – a farle funzionare di nuovo.
Cesare Faldini (che è presidente di Ortopedici.org ed ha operato in Africa oltre 1500 bambini affetti da gravi deformazioni) stempera la tensione per la corrente che è appena andata via, nel bel mezzo della programmazione di un delicato intervento, suonando la sua tromba.
E mentre i tecnici ingessano la gambina operata di una bimba con il piede torto equino, intona My way di Frank Sinatra. La piccola è appena uscita dall’anestesia, si acquieta e smette di agitarsi. E’ una combattente, ne farà di strada con il piedino rimesso a posto dall’allegra brigata di Ortopedici.org.

Il prossimo anno verranno a controllarla e, chissà, magari lei li accoglierà ballando con tutta la forza che ha dentro. Accanto ai resilienti, agli insistenti, agli amici di missione che hanno trasformato le loro vacanze in spedizioni in Africa, si aggiungono via via nuove presenze. Non tutte torneranno.
Fa troppo caldo, gli imprevisti aumentano a dismisura, non tutti reggono. Eppure, a scuola della chirurgia impossibile, si può solo imparare, forgiare il carattere e la bravura dei nuovi chirurghi, ortopedici, tecnici, fisioterapisti. Lì dove c’è il nulla, l’amore fa tutto.
Lo sanno bene i benefattori che sostengono Ortopedici.org e rendono possibili gli interventi. Lo sanno bene gli specialisti che hanno giurato amore all’Africa.

Massimo, Antonio, Iacopo, Olivia, Pina, Matteo, Claudio, Giovanni, Emilio il videomaker, sono consapevoli che, nelle condizioni estreme, si misurano il talento e la caparbietà. I sorrisi e la gratitudine della gente d’Africa, che vuole solo giocarsi tutte le possibilità che la vita offre, faranno il resto.
25 anni dopo i primi interventi, i vecchi pazienti tornano sempre a salutare il medico con la tromba e la sua squadra. Portano spesso nuove fragili esistenze da ricomporre. Perché il bene ricevuto si può solo restituire.