(di Giulia Segna) – Si sente sempre più parlare di orti urbani, aree verdi coltivabili all’interno delle città, prese in gestione da associazioni o privati. Ne esistono di vario genere: quelli sociali nelle piazze dei quartieri, condivisi dai cittadini, quelli didattici nei giardini delle scuole, quelli fai-da-te arrangiati sui balconi di casa, e poi, ultima tendenza, gli orti residenziali: terreni adiacenti alle palazzine condominiali, concessi insieme alla abitazione acquistata.
Succede nel complesso “Horti della Marcigliana”, periferia nord della capitale: il proprietario dell’appartamento ha diritto ad un terreno di circa 50 mq, di cui diventa unico gestore. Gli orti, a schiera, sono recintati e dotati di sistema di irrigazione, con annessa cabina per il deposito degli attrezzi.
Alberto, sessantenne romano, ha un orto da un paio di anni. “Appena ho saputo di questa possibilità non ho potuto resistere. L’idea mi è piaciuta fin da subito: per chi vive in città è importante trovare uno spazio in cui potersi rilassare, lontano dalla nevrosi metropolitana.
L’orto è una combinazione perfetta di esercizio fisico e distensione dei nervi, oltre ad essere un piacevole simbolo della mia l’infanzia. Mi ricorda di quando, da ragazzino, aiutavo mio padre a lavorare la terra che avevamo”.
Il detto popolare recita che l’orto vuole l’uomo morto, ma a sentire Alberto, la soddisfazione che riceve in cambio lo ripaga di ogni fatica.
“La terra esige attenzione ma è capace di ricompensarti generosamente. I fiori e i frutti che, da minuscoli semi, vedi germogliare e poi crescere piano piano sono il risultato tangibile del lavoro che hai fatto. È una sensazione entusiasmante. Me ne prendo cura come farei con un amico, mi tengono compagnia, hanno bisogno di rispetto ma sanno ringraziarmi, a modo loro”.
Lungo il percorso che costeggia gli orti si incontrano donne, uomini, anziani, bambini. C’è chi è da solo, chi in coppia, chi in famiglia. Qualcuno si dà da fare, qualcun’altro si limita a dare sostegno morale accomodato su una seggiolina a leggere, i più piccoli giocano a fare gli agricoltori.
Alberto preferisce venirci da solo. È il momento perfetto per una rigenerazione fisica e mentale che si concede appena ha un po’ di tempo libero dal lavoro: è autista dell’Atac, l’azienda dei trasporti pubblici di Roma.
“Vivo le strade della città a ogni ora del giorno: traffico, smog, confusione, lamentele, frenesia, contatto continuo con il pubblico. L’età avanza e i turni sono usuranti. Per fortuna la pensione è vicina, allora sì che potrò dedicarmi solo alla coltivazione!”.
“Ho riscoperto una connessione con la natura che avevo perso. Avevo dimenticato la manualità e la fatica fisica che la terra richiede, gli occhi si erano disabituati al verde, le orecchie al silenzio, e non credevo che stare da solo per ore mi avrebbe fatto così bene”.
La città costringe a ritmi veloci ed espone ad un inquinamento chimico e acustico che quasi disumanizza.
Perciò, ritagliarsi del tempo da dedicare a un hobby ricreativo come l’agricoltura apporta enormi benefici, soprattutto psicologici. “Ogni volta che rientro dall’orto”, prosegue Alberto, “sento un’energia nuova. Sto meglio, sono più felice. Torno a casa con una sensazione di pienezza”.
Nella stagione fredda il suo piccolo terreno produce broccoli, cavolfiori, finocchi e tanti tipi di insalata, mentre d’estate abbondano i pomodori, le zucchine, le melanzane e i peperoni. Tra gli aspetti da non sottovalutare, naturalmente, il risparmio economico e la genuinità del cibo.
“Mangiare ciò che hai coltivato è una bella gratificazione e le verdure hanno un sapore molto più intenso di quelle comprate al supermercato”.
Prodotti biologici a kilometro zero che fanno bene alla pancia, al cuore e… al portafoglio!
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