(di Francesca Sanna) – Chi ha detto che la creatività non paga? Chi l’ha detto sbaglia. Partiamo dall’assunto che la sicurezza nei luoghi di lavoro dovrebbe essere sempre la cosa più importante. In questo frangente di emergenza coronavirus in modo specifico, abbiamo accolto l’obbligo di non uscire di casa.
Di indossare guanti, mascherine, protezioni. Ma ci sarà sicuramente capitato di guardarci intorno e vedere che esiste un mondo oltre le nostre case.
È il mondo dei lavoratori che quotidianamente soddisfano le nostre più o meno giustificate esigenze. Sono i corrieri, i cassieri dei supermercati, gli autisti degli autobus. Gli infermieri che ci accolgono per primi negli ospedali.
Questa volta la buona notizia arriva proprio dai lavoratori per i lavoratori.
L’idea è nata dall’esigenza percepita all’interno di una struttura sanitaria, l’Ospedale di San Martino, nella città di Oristano.
Un infermiere e un tecnico informatico con materiali e stampanti 3D fanno di necessità virtù e producono 700 caschi con visiere protettive contro il Covid-19.
Sembra una favola di Natale più che una sorpresa da uovo di Pasqua.
Parliamo dell’impegno dei lavoratori per i lavoratori perché alla realizzazione di questo progetto si sono unite le donazioni economiche volontarie degli Agenti di Polizia della Questura di Oristano, i materiali messi a disposizione dalla sede cittadina di Bricofer e i mezzi dell’Istituto Tecnico Industriale.
Mai come ora la didattica esperienziale dimostra come l’educazione alla sensibilizzazione sul tema dell’emergenza valga più di qualsiasi altro obbligo o divieto.
I primi 150 dispositivi di protezione sono già stati consegnati all’Ospedale San Martino. I prossimi saranno destinati agli altri ospedali della Sardegna.
Abbiamo chiesto ad Andrea Zucca, tecnico informatico del San Martino, fino a che numeri pensano di poter arrivare nella realizzazione di questo progetto, che è la sublimazione del fatto a mano nell’epoca della copia 3D.
“Finché le stampanti reggono, andiamo avanti – spiega a B-hop -. Non solo per gli ospedali, ma anche per le Forze dell’Ordine e per tutte quelle persone che sono a rischio contagio Covid19. Possiamo fare molto se collaboriamo. Il dispositivo sarà utile anche oltre l’emergenza momentanea”.
Un progetto a lunga scadenza quindi, per cui la necessità si è mossa dall’interno dei luoghi
di lavoro.
Un progetto che ha bisogno dell’aiuto di persone che capiscano l’emergenza di
tutti.
Perché in fondo tutti possiamo fare qualcosa, sfruttando le nostre capacità per migliorare questo momento.
E loro, un infermiere, un informatico e un poliziotto, promotori di questo brillante progetto, ce l’hanno dimostrato.
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