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Home Buenvivir

Nell’ecovillaggio di “Coa sa Mandara”, la scoperta di tre verità

di Valerio Carbone
13 Gennaio 2015
in Buenvivir, Primo Piano
Tempo di Lettura: 3 mins read
84 3
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(di Valerio Carbone) – Sperimentare in prima persona cosa significa vivere nella natura in un ecovillaggio completamente libero e autosufficiente; svegliarsi e vedere il verde degli alberi, gli animali e la magia di un cielo incontaminato; coltivare e mangiare vegetali, frutta, pane senza concimi chimici; studiare, lavorare, pensare nel silenzio di un ritrovato ritmo naturale. Questa è la proposta di vita che si può sperimentare nell’azienda agricola “Coa sa Mandara”, nell’agro di Sorgono, in provincia di Nuoro, un territorio incontaminato all’interno della Sardegna meno nota, la Barbagia Mandrolisai.

L’azienda nasce come Università Atlantidea, dal lavoro di un gruppo di persone che da tempo operano insieme per sperimentare la gioia e la fatica di dare forma e vita alle proprie idee. Da qui l’impegno per un’attività di studio e di ricerca aperta a chiunque sia interessato, nell’ambito di una visione circolare della vita: Spirito e Materia che si fondono assieme, Cultura e Coltura che si abbracciano. L’azienda “Coa sa Mandara”, infatti, mette a disposizione i luoghi, le tradizioni e la cultura necessari per percorrere un cammino di crescita e consapevolezza. Ecco la testimonianza di Michele Lucantoni, giovane di Roma, laureato in Filosofia, che ha deciso di percorrere questo “cammino” per due mesi.

L’unica scelta realmente compiuta, ma molto prima di recarmi fisicamente a Coa, è stato voler essere me stesso, desiderare la scoperta della trama alla quale avrei dovuto dedicarmi.

Il primo incontro con il popolo di Coa è avvenuto nell’agosto 2013, durante la “Settimana Atlantidea”, che prevede dieci giorni di vita rupestre, durante i quali si viene introdotti alle attività agricole dell’azienda, nonché alle pratiche umane poste a fondamento di una rigenerata quotidianità. Nel breve tempo trascorso insieme ho potuto solo sommariamente saggiare l’alimento del cambiamento interiore. Ciò è bastato comunque a infondere la certezza che le nostre strade si sarebbero nuovamente incrociate. E così avvenne. L’11 febbraio mi ritrovavo nuovamente sulla soglia, a pochi passi da quel cancello di legno semplice che separava le mie fragili aspettative dall’esperienza che le avrebbe benevolmente sgretolate e gettate alle correnti dei venti invernali.

Non sapevo cosa potesse attendermi. Forse, per la prima volta, mi trovavo di fronte allo specchio, costretto ad ammettere che la mente, fedele alleata di sempre, mi era divenuta drammaticamente ostile.

Quello che ho ricevuto, una volta disarmate le difese, ha un valore inestimabile e ancora oggi fatico a decifrarne il contenuto. Tre, sono le verità che più hanno segnato l’anima: il lavoro agricolo, un radicale senso di fratellanza, e la vitalità del cibo.

L’agricoltura è stata la pratica che ha svolto il ruolo di diapason: l’accordatore universale, la nota grazie alla quale l’orologio del mondo mette in fase i suoi costituenti. Quando il lavoro sulla terra viene deliberatamente spogliato della sua funzione economica secondaria, quel che ne rimane è il dorsale momento archeologico, grazie al quale ho avuto modo di scoprire la grammatica elementare di un linguaggio legato agli esordi della conoscenza.

Una cosa meravigliosa è stato sentire il corpo corrispondere a questo invito al ricordo. Il corpo è come la terra. E’ un dominio di trascorsi che restituisce una rappresentazione minuziosa delle influenze dalle quali si è lasciato attraversare. Così la dedizione e l’ascolto degli amici e dalle amiche del luogo, la fratellanza, e soprattutto la tenerezza del sapersi affidare alla voce presente del compagno d’impresa, sono tramutati in corpo vivo, tonico, capace di contagiare ed essere contagiato dalle forze di una condotta amorevole.

Sia chiaro: non ho vissuto in isolamento per due mesi e non ho illuminato la mia stanza con una lampada a olio. La tecnologia e l’informazione sono rimaste una costante imprescindibile anche in un contesto così diverso e apparentemente (e ci tengo a insistere su questa perniciosa apparenza) regressivo. La storia non inverte il verso del suo cammino e chi decide di intraprendere la via della trasformazione di sé conosce bene questa legge. Pertanto reputo il progetto di Coa sa Mandara un esempio per il futuro.

Contatti: Università Atlantidea: info@universitatlantidea.org; Case Sparse
Coa Sa Mandara
08038 Sorgono (NU); www.universitatlantidea.org

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Valerio Carbone

Valerio Carbone

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