Recuperare computer dismessi ma ancora utilizzabili e destinarli alle scuole: è l’obiettivo di Re-school, il progetto realizzato in accordo tra Reware – Impresa Sociale, cooperativa romana senza scopo di lucro e Legambiente Lazio.
In tempi di crisi idee come questa riescono a farci comprendere come sia possibile unire tante esigenze diverse e soddisfare bisogni a costi ed impatto “quasi” zero. Perchè Re-school consente alle scuole di dotarsi in maniera gratuita del materiale informatico (sempre più necessario per lo svolgimento di una didattica al passo coi tempi) con hardware ricondizionato, a volte anche migliore del nuovo più economico sul mercato, eliminando costi che in molte realtà sono insostenibili, all’interno di bilanci sempre più tagliati ed esigui. A questo risparmio si unisce la gratuità dell’ambiente open source Linux, il cui sistema operativo ed i programmi associati non hanno costi di acquisto o di aggiornamento, consentendo di mantenere alto il livello dell’offerta senza sottrarre risorse ad altre attività.
“Siamo attivi da oltre 10 anni” dice a b-hop Nicolas Denis, responsabile per Reware del progetto Re-school, “abbiamo firmato l’accordo con Legambiente Lazio nel dicembre del 2013. Da allora abbiamo ricevuto decine di richieste da parte di scuole e siamo in coordinamento con l’Assessorato alla scuola del Comune di Roma per il vaglio e l’attribuzione del materiale agli istituti interessati”.
“A fronte dei progetti per la digitalizzazione della scuola, comprendenti l’allora famosa lavagna interattiva multimediale, la maggioranza degli istituti si trova sfornito delle basi per un Laboratorio di informatica, di semplici computer su cui svolgere insegnamento”.
Reware può essere contattata da aziende o privati che intendano dismettere computer riutilizzabili o riparabili, generando un meccanismo di autofinanziamento virtuoso. Una parte del materiale diviene attività economica della cooperativa, permettendo la copertura dei costi di gestione e lavorazione necessari a consentirle la fornitura gratuita alle scuole. Infatti il progetto è privo di qualsiasi finanziamento, sia esso pubblico o privato.
“Purtroppo ad oggi le procedure di dismissione da parte delle Amministrazioni non sono ancora così snelle da consentire un percorso adeguato nel ciclo di vita delle macchine” continua Denis: “pensiamo alla mole di apparecchiature che vengono sostituite in un comune come quello di Roma, per capire quanta richiesta sarebbe possibile soddisfare”.
Oltre al fine ultimo di informatizzare scuole, il riuso di materiali permette di raddoppiare (almeno) la vita degli stessi, impedendo che un prodotto ancora funzionante diventi un rifiuto, a carico dell’ambiente e della collettività. Dimentichiamo troppo spesso quanta energia, quanti metalli anche molto preziosi siano necessari per la produzione di ciò che noi chiamiamo “beni di consumo”, e soprattutto quale impatto ambientale abbia il loro smaltimento.
“Ridurre in modo sostanziale la produzione e l’acquisto è, in concreto, la migliore delle opzioni per ridurre ed abbattere rifiuti ed inquinamento. La stessa Commissione europea nonché il Ministero dell’Ambiente (nel quadro del Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti) indicano come prioritari gli interventi tramite riciclo e riuso” conclude Denis.
Non serve ricordare quanto il ciclo dei rifiuti in Italia abbia tragici risvolti di cronaca, quale giro economico e di criminalità alimenti (per i cosiddetti RAEE Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche soprattutto all’estero in Paesi estremamente poveri), creando disastri ambientali con ricadute globali sull’ambiente.
Tra gli elementi positivi di tutto questo percorso, non ultimo come importanza, c’è l’insegnamento che riesce a veicolare tra i giovani: ovvero quanto una pratica di innovazione sociale, economicamente produttiva, serva ad affrontare problematiche del presente ed a trasformarle in opportunità per il futuro. Di tutti.