(di Margherita Vetrano). Me li ricordo gli esami di maturità. Il mese di giugno trascorso a studiare su pile di appunti e lo stomaco che s’aggrovigliava nell’aria fredda del mattino del primo scritto.

Ricordo capannelli di ragazzi fuori dalla scuola, accalcati davanti alla porta di vetro, in attesa di entrare ed un vociare così forte da togliere il fiato.
Come dimenticare i lunghi corridoi, i banchi disposti a scacchiera e la faccia spaurita di noi tutti che occhieggiavamo intorno, cercando di orientarci tra compagni e professori.
Ricordo la durata infinita della prova scritta e la spossatezza, appena consegnato il compito.
Ricordo soprattutto la corsa a casa, in attesa della seconda prova scritta, quella tecnica e poi via, di nuovo a studiare in attesa dell’orale.
La scuola era austera, glaciale ma sempre lei.
Un’emozione forte, il primo esame davvero impegnativo della vita.
Oggi sembra che tra quei giorni e i nuovi esami di maturità ci sia una distanza siderale.
“Ho sostenuto un colloquio unico, suddiviso in più parti – racconta a B-hop magazine Jacopo Zorzan, studente di Forlì al ”Liceo G.B. Morgagni” indirizzo classico-scienze umane -. Prima la trattazione della tesina in scienze umane, poi l’analisi di un testo di italiano, sostitutiva della prova scritta, infine l’orale che verteva su tutte le materie. Bisognava imbastire un discorso organico nel quale collegare tutte le discipline”.

“Di seguito ho sostenuto un colloquio sul PCTO (Alternanza scuola lavoro) per il quale ho presentato delle slides sul tirocinio fatto alla scuola materna “La Rondine” e alla “scuola elementare Bersani”. Infine una domanda su cittadinanza e Costituzione.”
Non proprio una passeggiata questo esame, molto articolato e concentrato in poco meno di un’ora: ”No, non è stata una passeggiata – ammette Jacopo – ma si trattava comunque di un esame importante. Era giusto fosse complesso”.
Inutile lasciarsi andare all’ansia. “In quel giorno ti giochi quel che hai studiato in cinque anni ed agitarsi potrebbe solo peggiorare le cose – prosegue -. Ho provato più ansia dal confronto con gli altri, sorpresi della mia tranquillità”.
Sguardo di velluto e riccioli neri, sereno anche nei modi, Jacopo parla con un sottile accento romagnolo di quel che lo ha davvero colpito di questa maturità tutta nuova: ”Mi ha fatto male vedere la scuola. Tornarci dopo mesi di assenza e di aspettative, non era come me l’ero immaginata né come la ricordavo!”

Mentre aspetta di essere chiamato, seduto sulla sua panchina, riflette sull’ambiente circostante. E’ riuscito ad incontrare solo alcuni compagni perché li hanno convocati a piccoli gruppi.
Vengono subito “dispersi” perché fatti entrare uno alla volta.
La scuola non sembra più una scuola ma una base operativa: segnaletica bianca e rossa ad indicare i percorsi, plexiglass a separare gli assistenti scolastici che impartiscono direttive e l’immancabile Amuchina ad ogni angolo ma soprattutto nell’aria.
Niente di nuovo pensando alle norme anti-Covid che hanno trasformato tutti gli ambienti sociali.
Ciò che sorprende è trovarle nel luogo in cui i ragazzi hanno trascorso tanto tempo e che hanno imparato a conoscere anche empaticamente.
Lo spazio stravolto, le indicazioni di “circolazione” e di comunicazione hanno soverchiato l’emozione dell’esame che ha perso il suo impatto.
Un’ulteriore conferma di come la quarantena abbia cambiato le nostre vite.
“Superato l’impatto iniziale e fatto l’esame mi sono sentito subito più leggero – dice Jacopo –. Sono stato contento di non essermi fatto prendere dal panico; sarei stato un pollo”.
Ora sorride e si dice “soddisfatto e proiettato verso il futuro”.
Ci salutiamo con un in bocca al lupo ed un suggerimento ai colleghi maturandi: “Non c’è da preoccuparsi, rimanete concentrati sull’apprendimento degli anni trascorsi e siate fiduciosi. Esercitatevi a ripetere per esser pronti ad una buona esposizione ed il resto verrà da sé”.
“L’ansia può danneggiarvi, allontanatela e siate voi stessi. Andrà tutto bene!”
Stessa soddisfazione ma con un brio tutto al femminile ci trasmette Claudia Abbasciano di Andria (BAT), maturanda al Liceo Scientifico Statale R. Nuzzi.
La vocetta frizzante tradisce l’emozione di un cuore che va ancora all’impazzata, appena terminata la prova.
“Io l’ansia l’ho provata, volevo che i professori fossero fieri di me. Spero siano soddisfatti del lavoro che ho svolto in questi mesi di lontananza perché senza di loro, per me, non è stata scuola.”
Claudia ci descrive quanta tristezza abbia provato nell’affrontare la prova avvertendo la distanza che c’era e c’era stata tra loro.

“Non ci siamo potuti riabbracciare, dopo tutti questi mesi e ci siamo guardati da lontano. C’era sempre qualcuno che ci indicava cosa fare e dove andare ma sempre a distanza. Sedermi al centro dell’aula, con la commissione intorno, è stata una sensazione angosciante che è svanita quando mi hanno rasserenata, e mi hanno messa a mio agio.”
Nonostante le mascherine e la distanza di sicurezza, i professori sono riusciti a trasmetterle un’accoglienza necessaria che le ha consentito di dare una bella prova di sé.
“Non ricordo da quanto tempo non mi sentivo così felice!”
Amate Quod Eritis!
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