Non possiamo far ricadere gli errori dell’uomo sul lupo.
Come disse Igor al Dr. Frankenstein arrivando di notte al castello, “Lupo ululà e castello ululì” . E mentre il tenente John Dumbar ballava coi lupi c’era qualcuno che, come disse Herman Hesse, in fondo al cuore sapeva ( o credeva di sapere), di non essere veramente un uomo, ma un lupo venuto dalla steppa. Perché se nel mondo non ci fossero tante pecore non ci sarebbero tanti lupi, perché, come disse Marcello Marchesi, è l’uomo che è lupo per l’uomo.
Infatti, se guardiamo verso la natura e verso la nostra vita, se ci auguriamo “in bocca al lupo” un motivo ci sarà: perché è il più grande gesto di amore e protezione che possiamo immaginare, quello della mamma lupa che delicatamente protegge il suo cucciolo dai pericoli, portandolo via velocemente sorretto dalle sue fauci. Sì, i denti del lupo sono terribili quando attacca in branco e caccia per sfamarsi, ma quegli stessi denti fanno da gabbia di protezione e quindi salvano, difendono, aiutano il cucciolo.
Quanti danni la nostra cultura, le tradizioni antiche hanno prodotto al nobile lupo, animale delle nevi, dei boschi, animale prediletto della luna, alla quale invia i suoi canti ululati.
I lupi, cacciati, spellati, squartati, quasi annientati dalla caccia feroce che sempre noi umani abbiamo attuato in maniera scriteriata, nonostante tutto, grazie a politiche di protezione e ripopolamento controllato, sono ritornati ad essere numerosi e presenti nelle nostre montagne.
Ma ciò è un male, a dirla con la tradizione popolare, perché il lupo azzanna, mangia, assalta ovili e greggi, sgozza, dissangua nella più truce immaginazione da letteratura gotica, dove la figura mitologica dell’uomo-lupo si ripresenta vivida e crudele.
Ed un florilegio di grida di disperazione, di asce, baionette, fucili, forconi e fuochi purificatori si alzano con le invettive contro coloro che hanno salvato il lupo dall’estinzione. No, la colpa è sempre di qualcun altro, la colpa è di quelle istituzioni che non proteggono chi lavora ma decidono di salvare l’abbietto e assassino lupo.
Quello stesso lupo che era un uomo chiamato così per la sua ferocia, e che fu affrontato da San Francesco, che con ‘sta storia c’ha anche lui le sue belle colpe a partire da Gubbio. Oppure tutta quella congerie di proverbi che mutuano la disgrazia e la cattiveria umana spacciate per saggezza popolare, dando al lupo quelle connotazioni tragicomiche che ne fanno una nemico a priori, tanto che, quell’augurio di salvezza dell’in bocca al lupo che ti protegge, ancor’oggi chiama la risposta di un incredibilmente nefasto “crepi il lupo“, sovvertendone la profezia di gioia e tenerezza e trasformandola in un elemento pauroso da estirpare, con l’augurio di morte al canide nostro.
Mai che si dica che se i lupi, re-inseritisi nel loro habitat con enorme fatica, non si scontrassero con l’intromissione dell’umano e con le sue pretese di dominio su tutto, la vita anche degli ominidi sarebbe migliore.
Invece deforestazione, inquinamento, incendi con contemporanea distruzione del mondo nel quale i lupi hanno il diritto di vivere li portano ad uscirne, rivolgendosi per il proprio sostentamento all’esterno, al nostro mondo, dove cibo e spazzatura in abbondanza li trasformano in ciò che non sono: quegli spietati assassini a sangue freddo che hanno turbato le menti e creato angosce dai tempi dei tempi.Non andiamo alle analisi antropologiche e sociali del perché e per come, ma fermiamoci un secondo a guardare e domandiamoci di chi sia la colpa di tutto questo.
Fate del bene al lupo, che il tempo lo ha ingannato, sostiene un proverbio toscano: e proprio nei proverbi troviamo le risposte della saggezza popolare alla folle ipotesi di riaprire la caccia al lupo, perché i lupi sarebbero diventati troppi e sarebbero brutti, cattivi, e pericolosi.
Si parla di abbattimenti selettivi, di una ripresa della caccia per prevenire i fenomeni di bracconaggio (ovvero li uccidiamo per difenderli dai bracconieri), ci sono condivisioni nella Conferenza Stato/Regioni per deroghe al divieto dell’abbattimento.
Si uccide non per sanare ciò che natura ha creato, ma si agisce senza curarsi dei danni che l’uomo ha fatto. La questione è controversa: noi guardiamo alla necessità di salvaguardare il Creato, prima di tutto dall’uomo, non dal lupo che è vittima delle logiche e dei comportamenti errati della nostra razza.
Mowgli, accudito dai lupi; la principessa Mononoke, salvata e cresciuta dalla dea lupa Moro, protettrice della foresta e che prova rancore verso gli uomini che distruggono la natura e credono solo nella violenza; Romolo e Remo e la Lupa Capitolina: i lupi nella tradizione non sono solo assassini crudeli.
Un appello contro l’ ipotesi della riapertura della caccia ai lupi, dopo 46 anni, è stato fatto al Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni, capofila la LAV ed il WWF Italia.
La speranza è che la soluzione più crudele non sia l’unica presa in considerazione.