(di Filippo Bocci) – “Come è brutta Roma! Brutta di questa sua accecante bellezza, su cui risaltano i segni dello sfacelo come una voglia di barbabietola su un volto purissimo”. Così diceva un Vittorio Gassman polemico e appassionato nel 1995 ad un amico, e la citazione completa è riportata nel finale de Il racconto di Roma, storia dell’Urbe dalle origini ad oggi, libro di Attilio Wanderlingh, per edizioni Intra Moenia di cui l’autore, anche giornalista, è fondatore e direttore editoriale.
Si tratta di una pubblicazione sui generis che presenta la storia della Città eterna in tutto il suo arco temporale – da Romolo e Remo a Virginia Raggi – con una scrittura diretta e accattivante, molto vicina alla narrazione, pur trattandosi di un’opera scrupolosa e attenta alla verità storica.
E così, mentre il filo degli accadimenti viene seguito con rigore, pure Wanderlingh cerca sempre di porre domande al lettore carezzando il suo spirito critico, la sua curiosità, arricchendo spesso la storia di informazioni supplementari, anche grazie a schede di approfondimento che inducono a volerne sapere di più, supportato dallo splendido progetto grafico di Giuseppe Madonna e da un lusinghiero apparato iconografico.
L’interesse del lettore spazia allora volentieri dall’esposizione dei fatti ai riferimenti cartografici, o alle didascalie delle foto, o ancora alle brevi cronologie che sintetizzano puntualmente lo svolgersi degli avvenimenti.
La chiarezza dell’esposizione e l’immediatezza delle immagini facilitano l’approccio al volume, diviso in diciassette agili capitoli, e lo rendono fruibile ad un pubblico eterogeneo.
Su tutto, lo sguardo diretto e sicuro di Wanderlingh, che pennella le epoche e gli specifici avvenimenti prendendo posizione con nettezza di giudizio, in una lettura della storia condotta su un filo unitario e coerente.

È una di quelle opere che puoi ritrovarti a sfogliare qua e là fermandoti su ciò che ti interessa, fosse anche solo una nota di costume, oppure leggere dall’inizio alla fine,
come un romanzo che ti prende anche se sai come va a finire.
Che poi – ammonisce Elias Canetti nell’esergo sapientemente scelto – “la storia presenta tutto come se niente si fosse potuto svolgere altrimenti. Invece si sarebbe potuto svolgere in cento modi. La storia si mette dalla parte di quel che è avvenuto e lo distacca dal non avvenuto, costruendo solide connessioni. Tra tutte le possibilità si basa su quella sola che è sopravvissuta”.
Fa sempre piacere imbattersi in un libro pensato prima con intelligenza e poi scritto con bravura.
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