Ray Bradbury non aveva dubbi: su Marte l’acqua c’è e può fare crescere una intera foresta in una sola notte. Ray Bradbury, tuttavia, è solo l’autore del pur bellissimo “Cronache marziane” e immaginava il pianeta rosso come una riserva per un’umanità condannata alla barbarie sulla Terra. E se finora quest’avventura di cercare la vita su Marte è sembrata muoversi sotto la bandiera degli Stati Uniti d’America, da ieri le cose potrebbero ufficialmente cambiare. Il 25 novembre, infatti, l’Agenzia Spaziale Europea e l’Agenzia Spaziale Italiana hanno presentato a Cannes la prima fase della missione ExoMars, una sonda che verrà lanciata nel marzo del 2016 dal cosmodromo russo di Baikonur nel Kazakhstan col compito di raggiungere, dopo un viaggio di 7 mesi, l’orbita di Marte per indagare la presenza di metano e altri gas presenti nell’atmosfera, possibili indizi di una presenza di vita attiva.
Gli scienziati, creature solitamente aliene alla poesia e ancorate al metodo della verifica e della ripetibilità dei fenomeni, si sono spinti al massimo a ipotizzare rivoli intermittenti di acqua salata sul suolo marziano e la presenza di un terreno alcalino dove potrebbero crescere asparagi non diversi da quelli delle nostre campagne. Argomenti non avvincenti per una storia di fantascienza, ma di sicuro fascino per quella che si preannuncia come la tappa più prossima per le avventure esplorative della specie umana.

Oltre alla sonda la missione europea comprende un rover che atterrerà su Marte col suo corredo di stazione meteorologica e spettrometro. Preponderante l’impiego di tecnologia e capitali italiani (si parla di 370 milioni di euro, pari a un terzo dei costi complessivi) soprattutto per quanto riguarda il modulo destinato ad atterrare su Marte che è stato ribattezzato col nome dello scienziato italiano Schiaparelli, uno dei primi astronomi a studiare con costanza Marte. Sono italiani il centro di controllo da cui il rover riceverà i comandi e il trapano da due metri (detto drill) che perforerà il suolo marziano per il prelievo di campioni. Proprio questa è la grande novità della missione ExoMars che potrebbe segnare una decisiva distanza dalle missioni con i rover statunitensi. Il rover Curiosity, ad esempio, seppure in grado di muoversi, non riesce a perforare la superficie marziana che per pochi centimetri. Raggiungere una profondità di due metri significherebbe avere accesso a uno scrigno inaccessibile ai raggi cosmici e quindi potenzialmente favorevole a rivelare presenze di vita.

ExoMars prevede una ulteriore missione nel 2018 che porterà su Marte un altro rover in grado di spostarsi sul suolo del pianeta rosso. Una serie di tappe che condurrà, da qui al 2035, a portare l’uomo su Marte.
Come ama dire il fisico Giovanni Bignami “il bambino che camminerà su Marte è già nato”; se la missione ExoMars avrà successo è probabile che quel bambino cammini già per le strade della vecchia Europa o addirittura – perché no? – dell’Italia.