di Agnese Malatesta – Le ‘Cucine Popolari’ di Bologna danno da mangiare ma non sono delle mense, almeno non solo e non secondo il tradizionale significato della parola.
Le ‘Cucine popolari’ sono luoghi aperti dove va sì chi non ha un pasto da consumare ma anche chi è solo e vuole compagnia, o anche chi ha desiderio di tessere relazioni e magari dopo aver consumato il pasto lascia un contributo.
E’ un progetto articolato quello delle Cucine Popolari, nell’ambito della onlus Civibo, che impegna volontari e persone amanti delle persone.
Le ‘Cucine’ sono nate cinque anni fa, con un finanziamento iniziale ottenuto in modo davvero curioso.
Per avviare il progetto, il suo fondatore, Roberto Morgantini, si è sposato e ha chiesto come regalo dei soldi.
Per niente un ripiego, almeno sul piano personale, ma un’opportunità che ha voluto sfruttare visto che conviveva con la sua compagna da ben 38 anni.
E bene ha fatto perché la festa di nozze, 600 ospiti, ha portato nelle casse ben 70 mila euro. Da lì si è partiti.
Ora le Cucine Popolari hanno tre sedi in città, una quarta sarà aperta ad ottobre.
“Le Cucine Popolari – dice a B-hop Morgantini, ex sindacalista della Cgil, impegnato nelle politiche migratorie – non è una mensa dove ci sono i poveri. E’ un luogo di socializzazione, è aperto. E’ un luogo dove si mangia e si parla. Non si danno i pasti nei piatti di plastica; da noi i piatti sono in ceramica, i bicchieri di vetro, le posate in metallo.
Nelle Cucine Popolari si incontrano persone, parlano fra loro, nascono relazioni, anche opportunità di vita.
Come nel caso di una famiglia iraniana, senza casa e senza lavoro; qui ha conosciuto una signora che prima se l’è portata a casa sua e poi le ha permesso di trovare sia un’occupazione sia un’abitazione. Tutti possono venire a mangiare alle Cucine Popolari. Qui si creano relazioni che nascono dall’apertura agli altri”.
Per quanto riguarda gli indigenti, le segnalazioni le fanno i servizi sociali dei Comuni e le parrocchie.
Duecento i volontari attivi nelle Cucine Popolari che forniscono in media 500 pasti al giorno, una cifra raddoppiata con l’arrivo del Covid-19.
Solo pasti da asporto al momento per l’emergenza sanitaria ma non più garantiti nel futuro per la crisi economica.
Per questo Morgan (come viene chiamato da tutti Morgantini) ha lanciato un Sos alla politica per un impegno concreto che “costruisca una collettività dal basso, sociale prima ancora che economica e politica”.
“Nelle mense arriva sempre più gente in cerca di aiuto. Siamo testimoni di come la società si sia indebolita.
Ai senza fissa dimora, alle utenze economicamente svantaggiate, alle solitudini nascoste nei condomini, si sono aggiunte altre realtà mai prima contemplate”.
Sono le cosiddette ‘partite Iva’, i lavoratori del turismo e quelli della cultura, dei contratti a tempo determinato e a progetto e, dato allarmante, interi nuclei familiari in seguito al congelamento del lavoro per la pandemia.
“Sono persone invisibili. La povertà non può essere considerata una colpa”.
Per mantenere il livello di pasti attuali e sostenere il progetto in generale – che non è solo distribuzione di cibo ma, fra l’altro, coinvolgimento in attività culturali tant’è che ispirandosi al ‘caffè sospeso’ napoletano, promuove la ‘spesa sospesa’, il ‘teatro sospeso’ e il ‘basket sospeso’ – è stata lanciata la campagna ‘Mettiamoci la faccia’, foto di volontari, ospiti e benefattori per il sostegno delle Cucine Popolari al cinque per mille.
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