(di Margherita Vetrano) – In un momento storico in cui la salvaguardia della salute impone la quarantena, sono proprio i più deboli a farne le spese. Le persone con disabilità fisica o psichica, rinchiuse in casa, soffrono la condizione rendendo necessari dei provvedimenti mirati.
Se le norme restrittive da un lato li hanno privati della libertà di frequentare centri diurni, luoghi di terapia e di associazione, dall’altro ne hanno reso difficoltoso il recupero a casa.
L’art.47 del decreto 18 del 17 marzo 2020, in materia di coronavirus demanda alle ASL le deroghe per l’intervento domiciliare, laddove indispensabile.
Ma il provvedimento risulta quasi del tutto inapplicabile.
Il trattamento si può eseguire ma l’operatore deve sottoporsi ad un tampone, del quale c’è scarsa disponibilità.
Quindi? Le terapie saltano pur necessarie? O ognuno si arrangia come può?!
“La FIRST (Federazione Italiana Rete Sostegno e Tutela delle persone con disabilità già Rete dei 65 movimenti) ha ribadito la contrarietà del servizio a domicilio delle figure professionali citate per l’elevato rischio salute che ciò potrebbe comportare sia per le persone in condizioni di maggiori fragilità, sia per le famiglie, sia per gli operatori.”
È quanto citato dal comunicato dell’incontro on line con la Ministra Lucia Azzolina, avvenuto il 30 marzo 2020 al quale è intervenuto l’Avv. Maurizio Benincasa.
Interrotte le terapie i disabili rischiano di perdere i benefici finora mantenuti.
La quarantena li ha segregati, facendone implodere le personalità e detonare le criticità.
La socializzazione gioca un ruolo principe nella riabilitazione “umana” prima che “clinica” ed ora tornano fra quattro mura dove non sempre il sostegno familiare è adeguato o sufficiente.
Disabili adulti con genitori anziani o viceversa, poco conta; alcune situazioni rischiano di diventare critiche.

A tal fine il nuovo modulo di autocertificazione prevede la possibilità di uscire per patologie come la Sindrome di Asperger o l’autismo, a scopo terapeutico.
Ma il rischio di contagio? Una decisione nella quale privilegiare il male minore dunque.
La libertà, il vento tra i capelli e il sole in faccia valgono più di tante terapie, in alcuni casi.
Bastano pochi minuti per alleviare una condizione di sofferenza.
E anche le famiglie caregiver tornano a respirare.
Oltre al consueto accudimento, infatti, devono occuparsi in prima persona delle terapie.
Quelle di logopedia e psicomotricità, possono essere recuperate con sedute via Skype ma mancando il contatto diretto e la presenza fisica, l’affiancamento del genitore è indispensabile.
Ci si augura quindi che venga prorogata l’estensione dei permessi lavorativi per l’assistenza ai congiunti anche nei prossimi mesi.
Altro nodo cruciale nell’analisi sulla disabilità è il diritto allo studio.
Il lungo periodo di chiusura ha portato le scuole alla teledidattica, facendo emergere deficit, lacune e eccellenze del settore.

Molti i problemi:dalla ricettività soggettiva alla difficoltà di interrelazione o ritorno.
Occorre garantire a tutti i ragazzi disabili il diritto allo studio, nelle varie forme e tecnologie.
Per questo ancora FIRST nel suo comunicato parla di modalità operative e misure di controllo affinché nessuno resti escluso.
Qualcuno ha ancora a cuore il destino degli studenti speciali e veglierà su di loro.
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