(di Rinaldo Felli) – La buona notizia è che considerando il dato della ricchezza nazionale netta (asset finanziari sommati a quelli non finanziari detratte le passività) pari a 9.973 miliardi di dollari (fonte: Oxfam, 2016 ) l’Italia apparirebbe come un Paese ricco o perlomeno agiato. Addirittura, nell’area geografica Europea, solo l’Inghilterra ha maggiori risparmi investiti in asset finanziari. Proviamo a fare un semplice ragionamento da buon padre di famiglia.
Se anche un qualsiasi governo, di qualsiasi colore, imponesse ai cittadini italiani, per le solite note criticità che proprio in questi giorni stanno tornando alla ribalta della cronaca quotidiana, di rimborsare il famigerato debito pubblico pari a 2.256 miliardi di dollari accumulato negli anni per mandare avanti la macchina dello Stato (infrastrutture, servizi per il cittadino, ospedali, pensioni etc), rimarrebbe comunque una ricchezza pro capite di circa 100.000 euro. Sicuramente una cifra rassicurante, che dovrebbe permettere una vita dignitosa a chiunque .
Ed allora perché il buon padre di famiglia italiano continua a vivere con l’idea che il nostro è un Paese per poveri?
La sua è una percezione di origine ansiogena o fondata su dati reali?
Purtroppo un paio di dati statistici ci confermano con immediatezza che la percezione di non riuscire ad arrivare a fine mese con il proprio stipendio, di vivere ad un passo dalla soglia di povertà è fondata, per la maggioranza dei cittadini italiani, su una solida e triste realtà.
L’indice AIC (Actual Individual Consuption), l’indice europeo che misura il benessere delle famiglie europee, è diminuito in Italia negli ultimi anni di oltre il 16% e nel 2017 era del 10% inferiore alla media europea.
Ancora più triste e drammatico il dato che ci fornisce Eurostat: il nostro Paese possiede il non lusinghiero record dei poveri in Europa, attualmente circa 10,5 milioni (povertà relativa), mentre Oxfam afferma che 18 milioni sono i cittadini a rischio povertà (dati riferiti al 2016).
Secondo le stime più recenti dell’Istat le persone che vivono in povertà assoluta in Italia hanno sfondato quota 5 milioni nel 2017.
A questo punto la domanda del buon padre di famiglia diviene lecita ed urgente: “Ma quei 9.973 miliardi di dollari in quali tasche alloggiano?“
Sempre Oxfam ci aiuta a rispondere: circa 600.000 persone, pari all’1% della popolazione complessiva , possiede ben il 25% di quella ricchezza nazionale netta.

Ma ci dice anche che il 20% della popolazione italiana maggiormente benestante detiene il 69% della ricchezza, un ulteriore 20% il 17,6% e il 60% della popolazione si deve accontentare di un modesto 13,4%.
Da questi numeri appare drammaticamente evidente come il principale problema economico dell’Italia non sia tanto il famigerato e comunque eccessivo debito pubblico ma quanto piuttosto una cattiva ed iniqua distribuzione della ricchezza pro capite.
Ad economisti e politici spetta sicuramente l’impervio compito di trovare una soluzione che alla luce dei dati appena citati appare di primaria urgenza.
Ma al buon padre di famiglia, spaventato e preoccupato, possiamo comunque lasciare il compito di suggerire alcuni interventi su cui riflettere per affrontare la complessa questione.
Il primo intervento, al quale istintivamente penserebbe, sarebbe l’applicazione del modello Robin Hood, togliere ai ricchi per dare ai poveri. Un intervento però difficilmente applicabile perché tornerebbe ad alimentare la lotta di classe con tutte le sue conseguenze violente, di cui non si sente proprio il bisogno e che, presumibilmente, non sarebbe neanche equa. Dobbiamo infatti considerare che per una buona parte di quei 600.000 cittadini ricchi l’accumulo, seppur eccessivo, è avvenuto con mezzi legali e magari anche con merito.
Ed allora un metodo più appropriato potrebbe essere quello di aggredire le ricchezze illegali. Il nostro Paese, oltre ad essere famoso, per pasta, pizza e mandolino è anche assai noto per l’elevatissima evasione fiscale. L’apposita commissione istituita dal Ministero dell’economia e delle finanze e presieduta da Enrico Giovannini ha stimato, nel 2017, che tale sciagurata pratica determina un minor gettito fiscale di circa 110 miliardi di euro l’anno.
Altra fonte di ricchezza illegale da aggredire sarebbe il provento derivante da attività illecite, in particolar modo quello di stampo mafioso. Ovviamente in questo caso, trattandosi di attività non quantificabili con dati ufficiali, le stime divengono assai approssimative ma molte di esse indicano un fatturato tra i 100 ed i 150 miliardi annui.
La ricetta del nostro buon padre di famiglia sarebbe quella di recuperare questa imponente ricchezza e redistribuirla, magari evitando strumenti che appaiono tendenzialmente assistenziali quali il reddito di cittadinanza, ma piuttosto creando occupazione attraverso investimenti (per esempio, alla luce anche delle recenti tragedie, in infrastrutture) ed anche evitando l’applicazione della flat tax che tenderebbe inevitabilmente ad avvantaggiare le fasce più ricche e conseguentemente ad aumentare il divario.
Queste le considerazioni, i suggerimenti che il buon padre di famiglia si troverebbe a formulare in compagnia dei suoi cari ma ovviamente sarà compito di “chef stellati” quello di trovare al più presto una ricetta giusta per togliere dallo stato d’indigenza gli oltre dieci milioni di nostri concittadini sulla soglia della povertà.