Può essere letteralmente una impresa dell’altro mondo descrivere un docu-film bello, complesso, intenso e creativamente un po’ folle come “Un altro mondo” (per sapere dove sono le proiezioni www.unaltromondo.net), di cui è sceneggiatore e regista Thomas Torelli. Il documentario indipendente, che sta girando tutta l’Italia con enorme successo grazie al tam tam del pubblico, ha vinto l’11 ottobre il Clorofilla film festival, organizzato da Legambiente.
Per chi già da tempo mastica letture ed esperienze spirituali o conoscitive alla ricerca di sé e di nuove consapevolezze rappresenta, finalmente, la traduzione in immagini per il grande pubblico di concetti e vissuti già noti e sperimentati. Per chi si sente invece parte di “questo mondo” che si è messo da solo in una terribile condizione di crisi senza ritorno – perché gli esseri umani sono gli unici abitanti della terra ad essere pericolosi per l’ambiente in cui vivono e per sé stessi – questo documentario può sembrare un diletto new age da fricchettoni alternativi.
Nel film è contenuta, infatti, anche una aspra critica al materialismo, al consumismo e ad una eccessiva dipendenza della tecnica. Al punto che, invece di avere noi una posizione di dominio sulla macchina, il rapporto si è capovolto. Abbiamo creato con le nostre mani una prigione nella quale stiamo morendo soffocati dai nostri rifiuti umani.
Ci costringiamo a sgobbare nelle voragini del materialismo per permetterci di pagare ciò che è naturalmente nostro. Siamo ossessionati dal Pil mentre invece dovremmo riconoscere che dovremmo fermarci e cambiare strada. E l’unica cosa che veramente possediamo, il tempo, non ci appartiene più.
Questi ed altri assunti sono magistralmente illustrati (e semplificati) dalle voci di esperti di varie discipline come Gregg Braden, Vittorio Marchi, Antonio Giacchetti, Igor Sibaldi, Giorgio Cerquetti, Nitamo Montecucco. Unica pecca: non c’è una donna.
Noi ci riconosciamo nella prima categoria ed abbiamo apprezzato molto questa iniziativa, sostenuta in parte da un grande sforzo di crowdfunding on line e dalle vendite dei dvd, che sta girando con successo l’Italia e i Festival internazionali solo grazie al tam tam del pubblico e della rete.
“Il film che cambierà la vostra visione del mondo”, così si presenta ambiziosamente, proponendo una serie di interviste a nativi americani, fisici quantistici, teorici, che costruiscono un collage di parole, concetti, immagini sapientemente esplicative ed emozionanti.
Per dire cosa? Che stiamo riscoprendo qualcosa di antico e ampiamente conosciuto dalle culture indigene legate alla terra – come quella degli Indiani d’America e dei Maya del Messico – e gli stiamo dando una veridicità scientifica: le frasi che usano nelle preghiere “io sono un altro te stesso” (“In Lak’ech” come dicono i Maya) e “Tutto è collegato”, “Per tutte le relazioni” (il “Mitakuye oyasin” dei nativi americani) significano semplicemente che c’è una straordinaria e magica connessione tra l’uomo, i suoi simili, la natura e l’universo.
Che esiste una relazione tra ciò che pensiamo e ciò che ci accade, per cui possiamo usare il pensiero (o la preghiera) per creare realtà positive ed entrare in connessione con gli altri e con tutto ciò che ci circonda. Facile a dire, difficile da spiegare se non lo si è sperimentato in prima persona.
Il documentario prova ad illustrare il concetto avvalendosi delle nuove scoperte della fisica quantistica, fra cui quella del ricercatore giapponese Masaru Emoto, morto a 71 anni proprio alcuni giorni fa, con grande rammarico di chi ha avuto modo di conoscere i suoi studi.
Secondo Emoto l’acqua, esposta a stimoli differenti come le emozioni umane, la musica o le parole, risponde alle vibrazioni assumendo le forme di bellissimi cristalli, ogni volta diversi. Tutto è collegato, tutto è energia, tutto è vivo e vibra. E siccome il corpo dell’uomo è formato dal 99% di acqua, anche noi siamo in grado di rispondere a questa legge fisica. Abbiamo una naturale capacità di modellare la realtà usando il pensiero, la spiritualità e uno stile di vita nuovo.
La felicità, in questo modo, non è più associata alla materia ma allo spirito. Se grandi masse critiche usassero queste potenzialità per creare pace, armonia e benessere, il mondo potrebbe assistere alla più grande rivoluzione mai vista. Utopia? Forse, ma se nella storia qualcosa è cambiato in meglio è stato grazie a profeti e visionari “illuminati”.
Per fare il film ci sono voluti più di tre anni, tanta passione e non poche difficoltà di tipo strutturale ed economico. “Quando raccontavo la mia idea mi prendevano per pazzo”, afferma il regista-autore Thomas Torelli, una formazione da fotografo e montatore e sette documentari prodotti e quattro diretti tra cui, molto noti, “Zero: inchiesta sull’11 settembre” e “Sangue e cemento” sul terremoto in Abruzzo.
“Ma grazie alla campagna di crowfunding, ad un piccolo finanziamento, alla vendita dei dvd, siamo riusciti ad ultimare il film. Stiamo avendo un successo al di là delle nostre aspettative”, rivela a b-hop. Torelli confida un piccolo segreto personale, che lo ha portato ad affrontare un tema tanto complesso e difficile: “La morte di mio padre mi ha dato la scintilla per affrontare il percorso. Tutto questo lavoro mi è servito per metabolizzare il lutto”.
Ora è impegnato nelle riprese di un nuovo documentario che si annuncia interessante: si intitola “Serial killers” e tratta dei costi reali dell’alimentazione carnivora, dall’impatto ambientale alla salute umana. Tra gli intervistati, Thomas M. Campbell, l’autore del famoso “China study” sull’effetto cancerogeno delle proteine animali. Uscirà nei circuiti indipendenti nell’estate 2015. Lo aspettiamo.