I fatti in sintesi: due bambini migranti giunti a Cagliari da soli, come tanti altri in Sardegna e in tutta Italia. Inseriti in una comunità di accoglienza, dall’inizio dell’anno scolastico vengono iscritti in una scuola paritaria gestita dalle Suore Mercedarie, che a Cagliari hanno due istituti: le suore hanno risposto positivamente alla richiesta giunta dai tutori e dalle istituzioni laiche e religiose che a Cagliari si occupano dei rifugiati e richiedenti asilo. E qui casca l’asino: scatta la rivolta di alcuni genitori inorriditi perché i loro pulcherrimi figlioletti sono stati messi vicino a dei “luridi negretti” magari portatori di malattie terribili, tipo la peste, la lebbra, il beri beri o la dengue. Hanno chiesto addirittura alle suore bagni separati.
Chissà, magari saranno anche dei bimbibomba, che potrebbero intaccare il malmostoso scorrere della sonnacchiosa vita borghese della “città del sole” facendosi esplodere.
Ed ecco che le suore Mercedarie, memori del loro ruolo storico, eredi della grande famiglia dei Padri Mercedari che pagavan la “mercede” per gli schiavi cristiani rapiti dai mori, rispondono fiere “no”alle richieste dei baldi genitori coalizzati, ed i bambini non si toccano, non si si mandano via, non hanno la peste, son solo bambini.
Ma nulla ferma l’iracondia ignorante di chi non vede nulla oltre le proprie narici. E due bambini, due come i bambini migranti, vengono tolti dalla scuola dai loro genitori furiosi con le suore per non avere obbedito al diktat: “O i pericolosissimi bambini negri o i nostri figli”.
Ma altri genitori berciano, e le suore continuano a resistere. Ah la storia si ripete nei secoli, e se il vessillo sardo ha i 4 mori un motivo ci sarà, dagli al moro era un grido, come mamma li turchi.
E vorrete forse, amici cari, che la stampa isolana non si getti a corpo morto sulla triste vicenda, ma leggendola tutta al rovescio, quasi a voler colpevolizzare il ruolo delle suore e dei tutori dei bimbi migranti e dei volontari?
Nessuno che si sia domandato il perché della pochezza dei gesti di quei genitori che hanno privato i loro figli della gioia del confronto e dell’accoglienza. rendendoli incolpevoli complici di un gesto razzista e volgare, costruito sulla paura dell’uomo nero che ruba il lavoro e mangia i bambini.
Hanno parlato in tanti, hanno scandagliato le vite dei bambini, hanno reso possibile la loro identificazione in violazione di ogni possibile regola deontologica del giornalismo, hanno evidenziato le ragioni di chi non vuole il contatto fisico psichico con il diverso, ma hanno perso tutti.
E la Città del Sole, come viene chiamata Cagliari, riprende a splendere perché dietro quel “no” delle suore Mercedarie c’è la vittoria di chi vuole che il mondo sia libero dall’ottusità del razzismo e dell’ignoranza legata al denaro ed al quieto vivere.
Dietro il “no” delle suore Mercedarie c’è la volontà di affermare che un bambino è una ricchezza per tutti, prima di tutto per tutti gli altri bambini.
E la protervia degli adulti non vincerà: sarà il sorriso di quei due bambini che oggi continuano a giocare coi loro piccoli amici cagliaritani che sono rimasti nella scuola, ad abbattere i muri ed allontanare sempre più le paure e le tragedie che hanno lasciato lontano, oltre quel mare che attraversarono qualche mese fa, prima di sbarcare nella terra dei 4 Mori.