di Patrizia Caiffa – E’ un grido d’amore e di denuncia quello lanciato in questi giorni dalle famiglie italiane che da oltre trent’anni accolgono i bambini dalla Bielorussia per i soggiorni terapeutici in Italia: “Tutti i progetti di solidarietà sono bloccati a causa della pandemia. E’ una violazione delle convenzioni per i diritti del fanciullo”.
L’esperienza è nata all’indomani del disastro nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986. L’obiettivo è dare ai bambini di quelle zone la possibilità di fare le vacanze in Italia e disintossicarsi dalle radiazioni, mangiare cibo sano e curare la propria salute. Sono state coinvolte negli anni decine di migliaia di famiglie, con diverse associazioni che fanno da tramite.
Quest’anno, con l’emergenza sanitaria da Covid-19, nessun bambino bielorusso è potuto entrare nel nostro Paese.
“Come famiglie accoglienti di bambini bielorussi – affermano – denunciamo l’ingiustificata sospensione dei progetti, che impedisce ai minori coinvolti il proseguimento dei percorsi di risanamento fisico e psicologico già avviati nel nostro Paese”.

Il blocco è stato disposto fin dal mese di marzo 2020, nonostante sia stato stilato nel frattempo un Protocollo sanitario ad hoc dal Ministero della Salute, con il coinvolgimento del Comitato tecnico scientifico e misure di prevenzione come i tamponi in partenza e all’arrivo.
Invece nulla. Sia l’estate scorsa, sia le prossime feste natalizie, nessun bambino bielorusso ha potuto o potrà riabbracciare le famiglie italiane che li hanno già accolti gli anni scorsi con amore, come figli, fratelli, sorelle, nipoti.
Anche stavolta verrà loro negata la possibilità di trascorrere un periodo felice.
Le famiglie ricordano che si fanno carico di tutte le spese e che, di fatto, si sta verificando una “discriminazione nei confronti dei bambini bielorussi”: citano infatti quanto avvenuto l’estate scorsa, quando “analoghe accoglienze, per il solo fatto di essere interne alla UE, nel caso particolare dalla Lituania, hanno avuto l’opportunità di continuare”, perché non necessitavano di approvazione ministeriale.
Da cui l’amara constatazione che la motivazione del blocco non è la pandemia “ma, paradossalmente, la negazione dei diritti dei bambini perché cittadini con passaporto extra-Schengen”.
Alcune famiglie si sono perciò rivolte al Garante per i diritti dell’infanzia e adolescenza della Regione Lazio Jacopo Marzetti, chiedendo quanto prima l’intervento del Garante nazionale per i diritti dell’infanzia e adolescenza, “affinché le aiuti a tutelare il superiore interesse dei minori, pesantemente discriminati da un insensato blocco”.
Dietro tutto ciò ci sono relazioni importanti, affetti veri, solidarietà concreta.
I bambini bielorussi non possono aspettare ancora.
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