(di Arnaldo Giaccio) – Sicurezza e libertà sono due belle parole, apparentemente in accordo. In realtà, in una società come la nostra, spesso la prima nega la seconda.
Esaminiamo la sicurezza con le regole che ci vengono imposte per legge: lo Stato, nostro malgrado, ci obbliga a portare il casco per andare in moto, il casco è omologato ed ha un costo evidente.
Dobbiamo fare un corso per poter cucinare per altri che non siano i nostri familiari se apriamo ad esempio un agriturismo, anche se siamo degli ottimi cuochi. Per sicurezza dobbiamo vestire scarpe considerate adatte per passeggiare in alcuni luoghi.
Dobbiamo pagare per licenze, patenti, tessere per raccogliere funghi, per la pesca sportiva e così via. Tutto questo ha un costo, tutto questo limita la nostra libertà. La libertà di camminare scalzi perché siamo i padroni dei nostri piedi, la libertà di nuotare nel mare tempestoso, quella di osservare il panorama dal ciglio di un precipizio.
Potremmo scegliere di non farlo, ma questa scelta ci è negata “per il nostro bene”.
In Francia la patente nautica non è obbligatoria per barche da diporto. Il cittadino è responsabile di sé quando va in mare. Non potendo far danno ad altri che non a se stesso, il navigante si attrezza e si informa per proprio conto. I navigatori francesi sono tra i migliori del mondo.
Immaginiamo che ad un bambino si passi il messaggio di stare attento a dove mette i piedi, il terreno è pericoloso! Puoi perdere l’equilibrio e cadere! Il piccolo inizia a percepire il pericolo anche dove non c’è e tende a chinare il capo per controllare che i suoi passi non incontrino ostacoli.
Di conseguenza l’atteggiamento posturale tende a curvarsi, l’osservazione panoramica viene a mancare a favore dell’attenzione all’ambiente prossimo a sé. Ci si concentra sull’osservazione di un pericolo vicino.
Ho viaggiato in paesi dove la sicurezza non è segnalata e mi sono sorpreso come bambini molto piccoli riuscissero a muoversi agevolmente su rocce e terreni impervi senza timore né incidenti.
La loro postura eretta e bilanciata, l’apertura del corpo e dello sguardo verso l’orizzonte, era accompagnata da splendidi sorrisi.
Credo sia sano evitare la premonizione del pericolo, permettendo alle persone di imparare dall’errore e far propria l’esperienza.
Così facendo il corpo impara, registra la sensazione e regola istintivamente il limite oltre il quale non è bene andare.
La misura di sicurezza viene dall’interno, è fisica, empatica, emozionale prima che mentale. Poi la mente razionalmente ordina e ricorda l’esperienza.
Corpo e mente sono in sintonia.
Anni fa ho visto un film “Perché Body Dharma è partito per l’Oriente?”.
Ho inteso questo film come un racconto zen.
In un villaggio himalaiano un vecchio monaco ed un bambino vivono esperienze semplici e drammatiche con un ritmo di vita consapevole e bilanciata, capaci di interagire con il mondo con senso di realtà rispettando i propri limiti.
Un parente, uomo adulto, torna al villaggio lasciando la vita cittadina dove problemi di lavoro e familiari lo preoccupano e lo rendono infelice. Spera che tornando a casa possa recuperare l’equilibrio perduto. Torna al tempio e al lavoro dei campi. Ma il suo pensiero è rimasto in città e rimugina su problemi del passato. E’ distratto dal gesto che, qui ed ora, lo impegna a tagliare l’erba nel campo e…si ferisce con la falce.
Il contatto con il corpo ed il gesto consapevole è la vera prevenzione dal pericolo.
La ricerca dell’armonia partendo dal corpo è un percorso naturale, ci radica come naturalmente sono radicati gli animali, aiuta ad aprire i 5 sensi ed usarli qui ed ora per notare l’ambiente, allora siamo pronti per il gesto consapevole che ha in se la piacevolezza dell’azione.
Alexander Lowen, medico psicoterapeuta Bioenergeta, lavora sulle tipologie caratteriali ed i nodi-tensioni che si registrano nel corpo e cronicizzano la postura e la modalità di azione.
Lowen fa un esempio osservando un gatto: è tranquillo, rilassato, sonnecchiante, si avvicina un cane.
Il gatto rizza il pelo, tende i muscoli, dilata le pupille, si prepara alla fuga o all’attacco. Il cane se ne va. Il gatto torna nella sua posizione di tranquillità, il corpo e la mente del gatto non sono disturbati dal pericolo trascorso.
Il gatto cammina nel bosco, è a caccia, silenzioso con i cinque sensi aperti si muove nel presente. Se il gatto fosse distratto dal pensiero sarebbe un gatto morto.
Thich nhat hanh è un monaco buddista che propone “la passeggiata consapevole”, si potrebbe definire la passeggiata del gatto.
Questo è l’approccio che proponiamo: anche se a volte si perde la strada si torna a lavorare per essere sempre un po’ più liberi, come un gatto.