La leggendaria Torre di Babele, quella che l’esegesi cristiana ed ebraica ci narra come il luogo dove sorsero le differenze di linguaggio, è fortemente a rischio di estinzione. Negli ultimi due decenni si è fortemente accelerato il processo di estinzione delle comunità linguistiche più fragili, in particolare nelle Americhe e in Australia. Sono attualmente circa 6.500 le lingue nel mondo e si stima che circa il 10% di loro sia quasi in estinzione. Ma se si ammette, come soglia utile per far sopravvivare una lingua, il numero di 100.000 individui in grado di parlarla e di trasmetterla alle nuove generazioni, il numero di queste scende a poco più di 1200. Tra tali lingue solo una ventina sono parlate da un elevato numero di locutori (superiore ai 100 milioni di individui) e da sole coprono già il 50% dei bisogni comunicativi dell’intera popolazione mondiale.

Sul podio tra le lingue più parlate salgono il cinese mandarino, l’inglese e a seguire l’hindi e l’urdu. In questa speciale hit parade la lingua italiana non è presente nelle prime venti posizioni.
Tra i fattori principali della scomparsa di una lingua sono da segnalare innanzitutto quelli relativi alle condizioni demografiche, ovvero la progressiva riduzione del numero dei locutori a causa di: atti violenti (guerre, genocidi, pulizie etniche), di epidemie o di catastrofi naturali o anche a causa delle malattie diffuse dai colonizzatori ai danni delle popolazioni indigene.
Altro fattore, niente affatto trascurabile, è strettamente correlato alle condizioni economiche. Le dinamiche economiche proprie di un territorio causano rilevanti mutamenti negli assetti linguistici: pensiamo ad esempio alla fuga dalle zone rurali verso i grandi centri urbani. Il fenomeno interessa in particolar modo l’Africa, dove molte capitali di quel continente fungono da potenti attrattori per masse consistenti di popolazione rurale che, una volta stanziate nella dimensione urbana, tendono rapidamente ad abbandonare la lingua tradizionale. Ma pensiamo anche al processo per il quale, in presenza di gruppi sociali e linguistici con forti squilibri economici, il gruppo più povero tende a voler acquisire la lingua del gruppo economico maggiormente benestante.
Un altro fattore importante per l’estinzione delle lingue, peraltro strettamente connesso alle situazioni economiche, è la condizione culturale. Nel caso di forte differenza tra i pesi di lingue diverse, diverse per tradizioni, per prestigio culturale, religioso e anche tecnologico (pensate all’uso dell’inglese nel web), la lingua più forte esercita una sorta di fascinazione e tende ad indebolire ulteriormente l’utilizzo della lingua più fragile.
Una lingua rappresenta buona parte dell’identità di un popolo, ne rappresenta e ne narra gli usi, i costumi, la storia, le tradizioni, la cultura, le scienze.
L’estinzione di qualsiasi lingua ci porta inevitabilmente ad un processo di omogeneizzazione, di appiattimento, di annullamento delle diversità di una società quando, è bene ricordarlo, proprio la diversità è stato uno dei fattori che maggiormente ha contribuito alla crescita e all’evoluzione umana.
La domanda, a questo punto, sorge quasi spontanea: come sarebbe oggi l’uomo senza la leggendaria Torre di Babele? Come saremmo noi italiani se nel XIII secolo non si fosse parlato e scritto in volgare italiano? San Francesco come avrebbe scritto il suo “Cantico dei cantici”? E Dante, Petrarca, Boccaccio quale lingua avrebbero utilizzato per loro straordinarie opere e con quali risultati?
Lo immaginate Domenico Modugno scrivere e cantare “Volare” in cinese mandarino?
Qualche decennio fa un dittatore rappresentò gli italiani come “un popolo di poeti…” Oggi corriamo il rischio che un futuro dittatore (purtroppo questa categoria non si estingue mai) non possa più citare il suo scarsamente illustre predecessore.