(di Flavio Carlini) – Semplificare significa banalizzare. Viviamo in una società complessa, generata da ricorsi storici particolari – in certi casi del tutto nuovi – e ogni tentativo di semplificare i processi in cui ci muoviamo equivale a una brutale banalizzazione del discorso.
Perché allora si opera continuamente una semplificazione di quanto ci accade intorno?
Semplificare, banalizzare è il modo migliore non tanto per spiegare i fenomeni che osserviamo o di cui cui siamo protagonisti, ma certamente lo è per comprenderli.
Con questo non voglio dire la – semplificata, banalizzata – solita storia per cui “la gente è ignorante e capisce solo le cose semplici”.
La mente umana funziona infatti per semplificazioni: per comprendere il funzionamento di un meccanismo, o un fenomeno naturale, lo scomponiamo fino a semplificarne la funzione, per capire dei concetti filosofici utilizziamo facili esempi e similitudini; quando vogliamo esprimere un sentimento lo facciamo mediante l’arte figurativa, o la poesia, dando una rappresentazione (semplificata, accessibile) di quello che proviamo.
L’arte è proprio un ottimo esempio per capire bene il punto a cui voglio arrivare. Quando l’arte costituisce espressione di un concetto mediante mezzo “semplificativo”, allora il nostro giudizio di essa interviene per decidere sull’esecuzione: l’opera ci piace oppure no, dipende se quel metodo ci ha permesso di capire dei concetti o meno.
Potremmo dire che l’arte ha semplificato e trasmesso (il bello), oppure semplificato e banalizzato (il brutto).
Quando veniamo alla retorica, però, semplificare è sempre banalizzare, soprattutto quando si parla di politica in senso esteso.
La classica frase “gli X sono tutti dei Y” (dove possiamo sostituire X con un qualsiasi gruppo sociale, etnico o politico; e Y con un aggettivo di valore positivo o negativo), è l’emblema della semplificazione banalizzante.
Il nostro compito allora dovrebbe essere sempre quello di distinguere la realtà dalla retorica e cercare nel complesso le risposte ai nostri dubbi sull’interpretazione della realtà, senza mai scordarci una regola d’oro:
quando la risposta appare troppo semplice da capire, probabilmente qualcuno ci sta fregando.
Questo vale tanto per un ministro di turno che per alimentare le proprie ambizioni propone formule d’interpretazione ridotte all’osso, indicando il diverso come causa di ogni male, quanto per chi vi si oppone additando l’italiano medio come ignorante e stupido.
Semplificazioni e banalità che non potranno mai portarci verso soluzioni serie e sensate ai problemi della contemporaneità.
Cerchiamo invece di riscoprire la complessità e di parlarci mettendo al bando la vuota retorica e la semplicità da barzelletta elettorale.
Usiamo la critica, svisceriamo gli argomenti, analizziamo ogni faccia della medaglia, abiuriamo le statistiche di massima.
Ritroviamo la realtà.