di Agnese Malatesta – “Le mutilazioni genitali femminili non sono una scelta, sono un’usanza, un’eredità culturale. Per mettere fine a questa pratica, bisogna coinvolgere i genitori. Va detto loro che toccare il corpo di una bambina e di una donna è violenza. Va fatta tanta informazione e vanno fatte parlare le donne”. Ed è quello che fa, ogni giorno, in quanto community trainer, Stella Okungbowa, 51/enne nigeriana, da 26 anni a Milano, marito italiano, tre figli.
Lavora per ActionAid in un progetto, CHAIN, che in cinque paesi europei – tra cui l’Italia – si occupa di prevenzione, protezione e sostegno di donne e ragazze esposte sia alle mgf sia ai matrimoni forzati. Un progetto che terminerà nel 2022 con una conferenza internazionale a Bruxelles.
I community trainer del progetto CHAIN sono otto in tutto (sette donne e un uomo), selezionati fra cinque comunità (Somalia, Nigeria, Egitto, Pakistan e Senegal) particolarmente interessate da questi fenomeni sul territorio di Milano.
Sono figure esperte e riconosciute della propria comunità e come tali strategiche nelle attività di formazione culturale; collaborano con attori locali e partner europei per lo sviluppo di interventi e azioni volte alla protezione e al supporto di donne e bambine.
Complessivamente, nel progetto verranno raggiunte mille persone delle diverse comunità.
Stella è un’esperta di mediazione culturale. Ad ActionAid è arrivata nel 2016 quando ha cominciato un percorso formativo sulle mgf ed ora è impegnata, appunto, su questa problematica come community trainer per la comunità nigeriana.

“Nel mio percorso formativo ho imparato tante cose sulle mgf. Ho compreso che il corpo di una donna è sacro, non deve essere toccato né mutilato per nessun motivo,
a differenza di quanto abbiamo imparato noi da piccoli, in Nigeria, dove questa pratica è ancora in uso. In Italia ho fatto un percorso di consapevolezza perché nel nostro paese nessuno parla di questo. E’ un tabù. Così come lo è il sesso”.
Le mgf e i matrimoni precoci e forzati sono pratiche profondamente radicate nelle culture e tradizioni locali di molte società, in particolare nell’Africa Sub-Sahariana, in Medio Oriente e nel Sud-Est asiatico.
Nonostante la condanna a livello globale da parte di organizzazioni e convenzioni internazionali, circa 200 milioni di ragazze e donne ad oggi hanno subito una forma di mgf, con 4,1 milioni di ragazze e donne a rischio solo nel 2020. Inoltre, si stima che ogni anno, siano 12 milioni le ragazze under 18 che si sposano.
“Le mgf sono una violenza atroce e vengono praticate su ignare bambine. E’ una credenza culturale che sostiene sia per loro un aiuto, in età adulta, per reprimere il desiderio sessuale”, afferma Stella.
In Nigeria, è difficile contrastare questa pratica, soprattutto all’interno della famiglia, quando “ci sono suoceri molto invadenti. La donna non ha voce per rifiutarsi ma se lei riesce a coinvolgere il marito ci può riuscire. Ecco perché noi coinvolgiamo le coppie contro questa pratica. Noi aiutiamo tante donne a ragionare, a vedere le cose negative di questa pratica. Io vengo dall’Edo State e in questa regione è molto frequente questa pratica. Prima del 2000, quando le mgf sono state proibite, la percentuale era del 100%, ora si sta abbassando. Ma nelle zone rurali è ancora molto presente”.
Stella racconta che in Italia le mgf esistono e sono praticate in modo clandestino, “già in gravidanza si prova a cercare una signora che possa farle”.
E’ comunque “molto difficile capire o trovare chi le pratica. Io ho una bambina e ho scelto di non fargliela subire”. Dal suo lavoro, Stella ha un riscontro positivo. Spiega di “non aver mai avuto problemi con la comunità nigeriana”.
“Quello che mi ha aiutato finora a far cambiare idea – osserva – è il tema del corpo, un dono di Dio. Nessuno può decidere sul corpo di un’altra persona. Ho incontrato persone che sono state felici di ricevere spiegazioni, felici di imparare nuove cose. Quindi è stato facile. Se qualche nonna o mamma dalla Nigeria dice loro di fare le mgf, ora sanno che è proibito e sbagliato”.