di Walter Falgio – Per arrivare a Gergei si attraversa una distesa di colline e declivi, un susseguirsi di profili gentili ai confini fra Trexenta, Marmilla e Sarcidano, nella Sardegna delle campagne, incisa dalle vigne e ornata da oliveti. Qui, a cinquanta chilometri da Cagliari, la scuola media del borgo con l’unica terza, in collegamento con le altre scuole del territorio, promuove un laboratorio di cittadinanza attiva esemplare.
Le aule tra via Resistenza e via Zaccagnini si affacciano sui campi, sono accarezzate dal profumo dei camini e sono animate dal lavoro prezioso di un corpo docente appassionato.
Perché Gisa Dessì, Sara Cavalleri e Francesco Serra, con le colleghe e i colleghi di Isili, Nurallao, Laconi, Genoni e Nuragus, lavorano molto lontano dal cosiddetto “centro”, lontano dalla città, dalle spiagge, dai servizi di trasporto, dai ristoranti, dai cinema, dalle insegne pubblicitarie tutte uguali e dai palazzi.
Gisa, Sara e Francesco sono insegnanti della cosiddetta “periferia”, tra le case rurali, sei bellissime chiese e poco più di mille abitanti.
Ogni anno nei plessi dell’Istituto statale comprensivo di Isili, un’istituzione frazionata in più centri che lottano contro lo spopolamento delle zone interne, Gisa con le altre e con gli altri promuove il progetto didattico “Dammi 8”, dal numero delle comunità scolastiche coinvolte.

Il 2022 è stato dedicato ai costruttori di diritti, alla memoria dei “Giusti”, alle donne che hanno avuto il coraggio di dire no, all’ambiente.
A partire dal 6 marzo ogni classe presenta un video innovativo, raccontato con il linguaggio delle ragazze e dei ragazzi, con i loro volti e con la loro forza, dedicato a figure eminenti dell’impegno civile, della Resistenza e dell’opposizione al fascismo. Delle lotte per l’affermazione dell’uguaglianza di genere, per la parità dei diritti, la legalità, per i valori di democrazia e libertà.
Si è parlato del Giusto tra le Nazioni, Giorgio Perlasca, della giurista e attivista, componente della Corte Suprema degli Stati Uniti, Ruth Bader Ginsburg, del sacerdote in trincea, Beato don Pino Puglisi, del fondatore di Emergency, Gino Strada, e del comandante partigiano, Nino Garau.
Si parlerà della testimone della Shoah, Settimia Spizzichino, della socialista brasiliana assassinata nel 2018, Marielle Franco, delle madri di Plaza de Mayo, della giovane pakistana Malala Yousafzai, simbolo della lotta all’oppressione e alla violenza dei regimi talebani, di Felicia Bartolotta, la mamma di Peppino Impastato, il giornalista di Cinisi trucidato dalla mafia.
Mattinate intere dedicate al confronto, all’approfondimento, alla riflessione, guidati dalle parole dello scrittore portoghese Premio Nobel, Josè Saramago:
«Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere».
Parole vive che hanno sospinto le giovanissime studentesse e i giovanissimi studenti sardi verso una discussione ampia, impegnativa, valorizzata con grande attenzione dalle docenti e dai docenti. Un’occasione che non si verifica tutti i giorni, tanto meno con una tale ricchezza di stimoli.
Dalla storia si è volati presto al presente, dalle guerre passate alle guerre in corso, facendo tesoro del lascito morale di chi le armi le ha imbracciate davvero per difendere il valore irrinunciabile della libertà.
Il combattente antifascista Garau confessava di «aver conosciuto l’intera società umana, con i suoi pregi e i suoi difetti. Ma ciò che più conta per me – diceva – è aver vissuto la guerra in prima linea e aver vissuto la pace.
Oggi posso dire che nella guerra anche i vincitori non vincono perché l’uccisione di un vincitore non può essere ripagata da una vittoria di una nazione. Non possono essere ripagate le famiglie che hanno perso i figli; i poveri cagliaritani che hanno subìto i bombardamenti e perso le persone care, e le loro proprietà.
La guerra non la vince nessuno. La guerra è morte sia per i vinti sia per i vincitori. La miglior ragione è la pace».

A Gergei è andato in scena un bel programma della scuola, di quella scuola che sopravvive agli accorpamenti, alle economie, alle migrazioni e all’abbandono. Una scuola che è «centro di promozione culturale, sociale ed educativa».
Che rafforza il rapporto con il territorio, favorisce «la formazione del senso di responsabilità civica e il rispetto della legalità». Che parla della diversità etnica e culturale e della prevenzione della violenza, per usare gli stessi concetti espressi nel Piano triennale dell’offerta formativa dell’istituto comprensivo.
Un’officina di convivenza nella quale le tredicenni e i tredicenni di questo magnifico angolo di Sardegna affinano strumenti essenziali per la costruzione di un futuro di pace e tolleranza.