di Patrizia Caiffa – Chiunque abbia provato a dare fuoco, per la prima volta, a quel legnetto magico che viene dalle Ande, sarà rimasto sicuramente incantato dall’indescrivibile aroma di leggerezza e di paradisi profumati che si sprigiona all’improvviso. Molti in questi anni hanno imparato ad amarlo e non riescono più a farne a meno. Altri, alla prima “sniffata”, scappano via inorriditi. Forse è il segno che la magia del Palo Santo, quella di tenere lontano le energie negative, funziona bene.
“Palo Santo para limpiar la casa de la mala energia…Palo Santo para la buena suerte….” E’ questa, infatti, la frase che echeggia nei mercati dell’Ecuador o del Perù, sulle alte quote delle Ande o nel grigiore della garua, la nebbiolina che, sei mesi l’anno, avvolge impalpabile le coste del Pacifico. Il Palo Santo si trova lì, e lo vendono le donne indigene della sierra. Questi semplici pezzetti di legno contrastano con il fulgore quasi barocco degli abiti tradizionali delle donne: rosse o fucsia le gonne, caldi e accoglienti i poncho, una etnia si contraddistingue dal cappello, un’altra dai giri interminabili di collane dorate intorno al collo. Eppure quei pezzetti di legno profumato da bruciare, venduti sulle bancarelle dei mercati per cacciare le zanzare o per “ripulire la casa dalle energie negative e per la buona fortuna”, non sono così semplici come appaiono, e nascondono virtù note da tempo agli sciamani della zona.
Lunga è la storia del Palo Santo, una pianta fortemente curativa diffusa nei boschi secchi tropicali delle coste ecuadoriana e peruviana e utilizzata dalle culture locali manteña, machala, valdivia e inca. I suoi benefici vengono documentati già nel 1605, nei registri dei reali di Spagna. Quest’albero argentato profuma di sé alcune zone costiere dell’Ecuador, come il Parco di Machalilla o l’isla de la Plata, detta anche “la Galapagos dei poveri” perché i turisti squattrinati possono vedere lì la stessa fauna e flora locale delle più famose isole.
Il Palo Santo sorprende e affascina per i misteri e la magia che evoca. Finora i suoi segreti sono stati patrimonio del popolo e dei suoi curanderos, che lo utilizzano ancora oggi nei rituali di guarigione, soprattutto nei confronti persone che si sentono sfortunate. Ha tantissime proprietà, curative e spirituali. Il suo principio attivo è il limonene, mentre per forma e composizione chimica viene classificato tra i diluenti o trementine. Utilizzato in dosi terapeutiche compie un azione sul nostro organismo che permette di sollevare l’umore e portarlo ad un equilibrio il più possibile vicino allo stato energetico ottimale della persona. Basta far bruciare l’estremità di una stecca di legno lunga pochi centimetri e un aroma inconfondibile si innalza dai suoi fumi. Per purificare la casa è sufficiente girare per le stanze con il legnetto in mano, e l’energia già cambia. Purifica, tranquillizza, allenta le tensioni, predispone al silenzio e alla meditazione.
Dalla morte alla vita. Eppure solo pochi sanno che per poter beneficiare delle proprietà del Palo Santo, che impiega decine e decine di anni per diventare un albero degno di tal nome, bisogna usare il legno della pianta trovata morta. Ossia deve morire da solo, restare in terra a marcire, mangiato dagli insetti, per un periodo che va dai 3 agli 8 anni: solo in quello stato potrà essere utilizzato. Tagliare semplicemente un ramo e poi venderlo non serve a nulla, il Palo Santo si rifiuta di regalare il suo aroma e le sue virtù. E’ come se morendo l’albero si trasformasse in rimedio, una bella metafora per dire che, come avviene spesso in natura e nella storia degli uomini, dalla morte può anche venire la vita.
A Puerto Lopez, tra la garua e le balene. Abbiamo visto con i nostri occhi le piante di Palo Santo a Puerto Lopez, in Ecuador, un villaggio di mare sperduto e anonimo nonostante la bella posizione ambientale. Solo ora si sta lanciando verso lo sviluppo turistico, complici le balene che migrano dai mari dell’Antartide per venire a riprodursi in quelle zone, dove la garua che avvolge il Pacifico consente loro di nuotare a temperature ottimali. Da qualche tempo i turisti arrivano a frotte per ammirare l’incredibile danza delle megattere, tanto che i biologi temono per loro il “rischio stress”. Il governo ecuadoriano ha accordato agli indigeni il permesso di utilizzare il legno morto di Palo Santo che si trova nelle aree naturali protette. Come la Comuna di Agua Blanca, poche centinaia di abitanti che gestiscono in maniera partecipativa e solidale l’area culturale e naturalistica del Parco di Machalilla, nei pressi di Puerto Lopez, nella regione ecuadoriana del Manabì. Il parco contiene i resti archeologici dell’antica cultura manteña (dal 3500 a.c. al 1532 d.c.), il bosco secco con iguane, uccelli e piante tropicali, il bosco umido di San Sebastian con le piante del Palo Santo e una magnifica laguna sulfurea chiamata “Laguna sagrada” per le acque e i fanghi che contengono il 60% di zolfo ed hanno un elevato potere curativo su malattie della pelle e reumatismi. All’interno, in case sparse, gli abitanti si dedicano all’artigianato, all’agricoltura e all’ecoturismo. Le donne lavorano le conchiglie spondilus per ricavarne collane. Le famiglie di Agua Blanca si vantano di essere i veri discendenti degli antichi manteñi, tanto che, nel piccolo museo allestito nel parco, le loro foto sono affiancate alle statuine ritrovate negli scavi archeologici, a testimoniare la somiglianza con i loro antenati. Sono loro i veri scopritori del Palo Santo.
Per info su legnetti e coni d’incenso: fafab2012@gmail.com