Di isole, nei mari di tutto il mondo, ne esistono di ogni genere e tipo e frequentemente immaginiamo che siano spicchi di paradiso. Ma quella di cui parliamo oggi è un’isola molto particolare che non ha eguali in nessuna latitudine. Si trova nel mezzo dell’Oceano Pacifico tra il 135° ed il 155° meridiano ovest e fra il 35° ed il 42° parallelo Nord ed è nota come l’Isola di Plastica (Pacific Trash Vortex) altrimenti detta Grande chiazza di immondizia del Pacifico.
Stimata grande quanto almeno il Canada, questa bucolica isola non è altri che un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (prevalentemente plastica). La concentrazione si è creata a decorrere dagli anni ’50, l’inizio della cosiddetta “Era di Plastica”, quando a causa dell’enorme incremento di produzione favorito dal consumo “uso e getta” quantità sempre più ingenti sono state disperse nei mari. Nell’Oceano Pacifico, l’azione della corrente chiamata Vortice sub Tropicale del Nord Pacifico dotata di un movimento a spirale in senso orario, ha permesso ai rifiuti di aggregarsi fra loro.
Una delle caratteristiche della plastica è quella di rilasciare molecole assai dannose per la salute umana. E nel caso della “Grande chiazza” tale molecole si introducono nella catena alimentare mescolandosi al plancton il quale a sua volta viene ingerito da tutte le specie che si nutrono di piccoli organismi. Inoltre, alcuni recenti studi condotti in università statunitensi, dimostrerebbero che le molecole, aggredendo la tiroide delle donne incinte, ridurrebbero il potenziale intellettivo del bambino.
Oggi nel mondo si producono circa 300 milioni di tonnellate di plastica all’anno e con una crescita costante del 5%. Solo una piccola parte viene riciclata mentre gran parte del resto continua ad essere dispersa nei mari o viene bruciata sprigionando gas tossici quali la diossina. Considerando che la plastica è biodegradabile in centinaia di anni per eliminare le isole, le montagne, i continenti di rifiuti che abbiamo immesso nell’ambiente non abbiamo al momento altra soluzione che quella del recupero e possibilmente del riciclo.
Ma per ottenere questo la comunità internazionale dovrebbe impegnare politiche economiche e stanziare risorse considerevoli. Un esempio: solo per eliminare l’isola di Plastica, ipotizzando arditamente che venga organizzata alla bisogna una flotta di mille navi e che questa flotta non smetta mai un minuto di pulire il mare ci vorrebbero 79 anni per raggiungere l’obiettivo.
E’ quindi forse anche necessario mettere in campo una forte opera di sensibilizzazione volta a convincere gli ospiti di questo unico pianeta ad avere un rapporto più sano e rispettoso dell’ambiente che li circonda, a comprendere l’urgenza di ridurre l’uso della plastica, che li aiuti a capire che la busta o la bottiglia abbandonata finita accidentalmente in mare può uccidere un cetaceo ma anche uomini, donne e bambini attraverso la contaminazione della catena alimentare.
Chissà forse, nell’ottica di una originale forma di sensibilizzazione, è arrivato il momento di organizzare una magnifica crociera nella Pacific Trash Vortex. Portare da quelle parti una di queste navi – che da sole creano in media circa 40 tonnellate di rifiuti per ogni settimana di navigazione, spesso gettati in mare – ed invitare i croceristi ad effettuare un balsamico tuffo nelle incantevoli acque dell’Isola di Plastica.
Potrebbe magari rivelarsi, come recitò Neil Armstrong, l’astronauta statunitense tuffatosi anche lui nel luglio 1969 in un altro “mare” ma sulla luna : “un piccolo passo per l’uomo ed un gigantesco balzo per l’umanità”.