di Patrizia Caiffa – Nonno Francesco, 85 anni e non sentirli, ha ricevuto in dono il suo orto romano di 40 metri quadrati dai due figli e cinque nipoti, dopo che la sua casa e il suo orticello ad Arquata del Tronto sono stati distrutti dai terremoti del 2016 e 2017.
Ora viene tutti i giorni nell’orto urbano sociale di Tor Carbone lungo la via Ardeatina e coltiva con cura ed amore le sue verdure: in questo periodo lattughe, cicoria, broccoli, cavolfiori. Sta preparando delle passerelle di legno tra una coltura e l’altra per non sporcarsi i pantaloni quando si inginocchia.
“Quest’estate ho raccolto 200 chili di pomodori, oltre a zucchine, melanzane, peperoni, legumi, insalate. Per me prendermi cura di questo orto è stato come rinascere dopo la brutta esperienza del terremoto”.
Francesco Centoni è nato ad Arquata ma ha trascorso tutta la sua vita a Roma.
“Avevo un negozio di alimentari a via Ambaradan a San Giovanni – racconta -. In quegli anni era considerata una zona VIP. Tra i clienti avevo Alberto Sordi, Anna Magnani. Però quando possibile tornavo al paese per coltivare il mio orto”.

Nonno Francesco dimostra molto meno dei suoi anni ed è entusiasta di descrivere le tante attività che si realizzano in questo pezzo di terra che il Comune di Roma ha dato in gestione all’Associazione Orti urbani sociali di Tor Carbone, all’interno della tenuta di Tor Marancia, zona sud della capitale.
Dal 2002 la tenuta è stata considerata parte integrante del Parco dell’Appia Antica, dove pascolano ancora le pecore e in primavera crescono gli asparagi tra fitti rovi: 60/70 piccoli appezzamenti di terreno dove ogni orticultore – in maggioranza pensionati ma ultimamente tantissimi giovani e donne – può decidere cosa coltivare, rispettando alcune regole di base.
Ad esempio no fave per il rischio favismo, e no alberi da frutto. Sì a piante aromatiche come salvia, timo, rosmarino e ai fiori.

“I miei figli hanno pagato una quota d’ingresso che l’Associazione ha conferito nel fondo per il completamento di valorizzazione dell’area approvato da Roma Capitale. L’assegnazione del lotto coltivabile è di 6 anni rinnovabile”, spiega nonno Francesco.
“Tutti gli appezzamenti hanno l’impianto idrico. L’associazione organizza feste e assemblee, abbiamo l’area con tavolini e barbecue per mangiare insieme la domenica e le api per il miele“.

La sua esperienza è solo un piccolo esempio del fenomeno in crescita degli orti urbani sociali, sempre più numerosi negli ultimi anni e letteralmente esplosi durante la pandemia, con un aumento del 30% delle richieste nella sola capitale, come riferito dalla Rete Orti in Comune, una realtà che raccoglie oltre 600 ortisti a Roma.
La metà delle nuove richieste proviene da giovani con età compresa tra i 20 ed i 30 anni.
Secondo una recente indagine di Coldiretti/Ixé oltre un italiano su quattro (il 44%) coltiva frutta e verdura in orti, giardini, terrazzi. Nei principali capoluoghi d’Italia si è assistito a una crescita del 36,4% in soli 5 anni.
Alcuni orticultori sono spinti dalla voglia di stare a contatto con la natura e procurarsi cibo sano a costi contenuti. Altri hanno scoperto questa opportunità durante le lunghe settimane di lockdown.

I primi orti urbani nacquero verso la metà dell’’800 in Germania (i Kleingarten), riservati esclusivamente ai bambini. Si diffusero poi a fine XIX secolo in Francia i Jardin familiales o Jardin ouvrieurs (giardini operai) voluti da monsignor Jules Lemire, intellettuale e politico, con lo scopo di fornire sostentamento alle famiglie.
Sono anche famosi i “victory gardens” degli Stati Uniti e del Regno Unito dove nel 1945 venivano coltivati 1.5 milioni di appezzamenti, sopperendo al 10% della richiesta di cibo. Durante la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti, a Roma e in altre città europee si coltivavano infatti gli orti di guerra, per garantire approvvigionamenti alimentari.
Secondo dati Istat che risalgono al 2019, negli ultimi cinque anni gli orti urbani messi a disposizione dagli enti locali in diverse regioni italiane hanno registrato una crescita di oltre il 18%, superando i 2,1 milioni di metri quadrati.

In Italia ogni comune applica sistemi diversi per la concessione di orti pubblici sulle terre di proprietà delle amministrazioni: alcuni li danno in uso annuale in cambio di un piccolo canone, altri chiedono cifre più alte.
La terra viene data incolta e spesso invasa da alte erbacce, per cui bisogna rimboccarsi le maniche e sudare per decespugliare, vangare, dissodare, seminare e poi irrigare ed irrigare, soprattutto in estate.