(di Agnese Malatesta) – Il Terzo settore come un castoro. Una metafora curiosa, ma efficace, che associa il lavoro del simpatico roditore al lavoro degli enti di terzo settore. A proporla è l’economista di fama internazionale, Stefano Zamagni, che collegando i due mondi ne spiega anche il ruolo e la potenziale energia. Attribuendo, in particolare, al terzo settore anche un’altra importante funzione, quella di sostenitore e, addirittura propulsore, della pubblica felicità. Ne ha parlato alle Giornate di Bertinoro per l’economia civile, che si sono svolte di recente.

La riflessione di Zamagni inizia dalla triste constatazione della crescita dell’esclusione. “Contrariamente a quanto si possa pensare – dice – oggi le nostre società sono meccanismi socioeconomici che tendono ad aumentare le aree di esclusione. E’ un atteggiamento che vediamo soprattutto nel mondo del lavoro, quindi della distribuzione del reddito. Lo vediamo nei territori dove una concezione, cosiddetta megalotimica, tende ad affermare che ci siano differenze di primato fra gli autoctoni e quelli che vengono da fuori”.
Da cui i sovranisti.
“Cos’è il sovranismo? E’ l’atteggiamento di chi ritiene che coloro i quali vivono in un certo territorio, essendo superiori agli altri hanno, il diritto di escludere gli altri”.
“Questo non riguarda solo i migranti, sia ben chiaro. Quello dei migranti è oggi l’esempio più inquietante ma riguarda anche tante altre categorie. Ad esempio, se io sono portatore di handicap anche se mi si fa il sorriso , di fatto sono escluso”.
Altro elemento che esprime le disuguaglianze sociali in aumento, riguarda “l’area di esclusione del principio democratico. La nostra democrazia oggi sta soffrendo. La nostra – sostiene l’economista – è un democrazia che non è tale. La parola democrazia vuol dire il potere al popolo. Ebbene il populismo, che si sta affermando, è antidemocratico perché non dà al popolo il potere; al popolo dà soltanto la possibilità di dire un si o un no alle politiche proposte dai leader o da un leader. E questa è esattamente l’anticamera di ogni dittatura. La gente poveretta non se ne rende conto. La vera democrazia è invece quando si fa deliberare il popolo secondo modalità che oggi si stanno affermando nei paesi più avanzati. Basterebbe leggere il libro di James Fishkin, un politologo americano, che ha per titolo ‘La democrazia deliberativa’”.
Di fronte alle disuguaglianze che avanzano, cosa si può fare?
Che ruolo ha il terzo settore? Zamagni si è ispirato alla natura. “Mi sono avvalso della metafora tratta del mondo delle scienze naturali che è quella del castoro. Ci sono organismi viventi che hanno il compito di adattarsi nel modo migliore possibile all’ambiente circostante. È la cosiddetta strategia dell’adattamento. Ma ci sono altre specie, in numero minore, che oltre ad adattarsi tendono a cambiare l’ambiente circostante in modo da consentire ad altre specie di vivere e di vivere bene. L’esempio è il castoro che nella sua attività costruisce degli sbarramenti, costruisce come delle piccole dighe. Queste piccole dighe creano un piccolo invaso d’acqua nel quale trovano spazio di vita altre specie animali”.
“Ecco a me piace pensare al terzo settore come ad un castoro. Che non solo cerca di adeguarsi alle norme presenti ma cerca anche di cambiare le norme e l’ambiente circostante per consentire ad altri di svilupparsi e di vivere”.
A suo avviso, “quando uno pensa agli enti di terzo settore in questa ottica, ne derivano delle conseguenze notevoli”. Inutile poi “giudicarli come fanno alcuni economisti o alcuni statistici solo sulla base del criterio dell’efficienza. Chi ragiona così dimostra di non capire nulla. E’ chiaro che l’efficienza è un criterio ma non è il criterio unico e non è neppure il più importante del terzo settore. Perché se noi imponiamo al terzo settore di essere efficienti, come le imprese capitalistiche, che bisogno c’è allora di questo? Abbiamo già la filantropia d’impresa. Il ruolo degli enti di terzo settore, pensiamo alle cooperative sociali e le imprese sociali, è quello, come dicevo, invece di creare al modo del castoro sbarramenti che aiutino anche quelle altre imprese a migliorarsi”.
Infine la felicità. La ‘pubblica felicità’, nella quale il terzo settore ha un ruolo di propulsore.
Pubblica felicità da non confondere con felicità individuale.
“Già Aristotele, 2400 anni fa aveva detto non si può essere felici da soli. Bisogna esserlo almeno in due per essere felici. Meglio se si è in tanti ma almeno in due. Cosa voleva dire? Che
non posso essere felice se, vivendo in un certo contesto, sto insieme a te che sei infelice.
Il compito del terzo settore è esattamente quello di far capire questo: che la mia felicità dipende anche dalla tua felicità”.
“L’equivoco da dove nasce? Dal fatto che per colpa della scuola dominante di pensiero economico si confonde la felicità con l’utilità. Sono due cose diverse. È chiaro che per massimizzare l’utilità posso stare da solo, anzi se sto da solo è meglio, perché non devo dare niente. Ma la felicità è un’altra cosa”.
“La felicità è la fioritura umana. Come faccio a fiorire se sto da solo?”
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