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Home Buenvivir

La doula: accompagna al parto le donne, fra gioie e paure

di redazione b-hop
11 Maggio 2021
in Buenvivir
Tempo di Lettura: 3 mins read
56 2
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Alcmena, personaggio della mitologia greca, aveva una doula accanto a sé mentre partoriva Ercole. Si chiamava Galati e a lei si deve la soluzione, tutta psicologica, dell’affannato travaglio della donna su cui pesava l’ira di Era, legittima moglie di Zeus che con lei l’aveva tradita. Con un espediente, Galati, ingannando Lucina – la dea del parto che era stata incaricata dalla stessa Era di impedire la nascita – riesce ad evitare la morte della madre e del bambino e a permettere il lieto evento. È così che dal mito di Galati, e ancora oggi, la doula si prende cura della donna che sta per partorire, accompagnandola in tutte le fasi della maternità.

Doula è una parola che deriva dal greco e significa serva, ancella. Sono poco più di 500 in Italia (più presenti al Nord) le doule che, dopo un periodo di formazione, affiancano la donna prima, durante e dopo il parto: la ascoltano, favoriscono un percorso di consapevolezza sui propri bisogni, condividono gioie e paure, l’aiutano a trovare un’ostetrica, le stanno vicine durante il travaglio, danno un sostegno durante l’allattamento, forniscono informazioni sulle strutture del territorio. Insomma, sono una presenza attiva, qualificata, preziosa in un momento delicato della vita di una donna.  Una presenza che non tralascia anche il papà del bambino.

Una doula romana, Maria Cristina Coiro, 54 anni, tre figli, racconta la sua esperienza nata in modo naturale, quale punto di  riferimento per le sue amiche. “Sono diventata madre per la prima volta ventisette anni fa, ero la prima a partorire del mio gruppo di amiche. Così, quando è toccato a loro, mi hanno coinvolta e chiesto sostegno.  Anch’io comunque – sottolinea a B-Hop magazine – ho avuto la mia doula, un’ostetrica da cui ho imparato molto, e che ora è diventata mia amica.

Sono doula da poco più di dieci anni, amo il mio lavoro e lo faccio con passione”.

Maria Cristina Coiro

Sociologa di formazione, Maria Cristina parla della sua professione come di un rapporto di empatia con la donna che segue: un percorso emotivo coinvolgente, estremamente fruttuoso per la nuova relazione (DIADE) mamma-neonato.

“La doula è una donna che si mette al servizio di un’altra donna durante il meraviglioso e complesso periodo della sua maternità e la sostiene con semplicità ed empatia, rispondendo ai bisogni che di volta in volta emergono. Si dice che la doula fa da madre alla madre”.

La figura della doula viene scoperta alla fine degli anni ’70, quando – spiega Maria Cristina – due ricercatori americani, Marshall e Phyllis Klaus, stavano conducendo in Guatemala degli studi sull’importanza di avvicinare il neonato alla mamma ed attaccarlo al seno: ad affiancare le partorienti erano delle studentesse.

Una di queste, che parlava fluentemente lo spagnolo, era in grado di interagire con le gestanti con parole di conforto durante il travaglio: i parti a cui partecipò si risolsero in tempi più brevi, con una minore medicalizzazione e con meno cesarei rispetto agli altri. Ecco, quella giovane stava svolgendo, inconsapevolmente, l’attività di doula.

È una presenza concreta, la doula, che sa anche di tenerezza: massaggia e coccola la mamma e il bimbo, se la donna lo desidera prepara una tisana, la aiuta a farsi una doccia, è lì con lei giorno e notte se serve, se è stanca o non ha aiuti.

Soprattutto “ascolta la mamma. È importante – dice ancora Maria Cristina – prestare attenzione alle paure della mamme, non sottovalutare le loro fragilità, sottolineare invece i loro punti di forza. È fondamentale sostenere le donne in un percorso di trasformazione ed anche di rinascita”.

E poi un aiuto pratico va sempre bene: serve stendere i panni? La doula lo fa. Come se c’è da giocare con gli altri figli o preparare il biberon, fare il bagnetto, cucinare o portare il cane a passeggio. Non c’è pretesa di sostituirsi alla mamma, né di far ricorso a tecniche miracolose: c’è solo l’attenzione e l’osservazione, la sperimentazione di pratiche per quella mamma e quel bambino.

Niente di nuovo, verrebbe da dire: un po’ come le nonne, le mamme, le vicine di casa di memoria storica. 

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