di Agnese Malatesta – Superare l’odio e la diffidenza verso un nemico anche attraverso una stretta di mano, provvidenziale sia per chi la tende sia per chi l’accoglie: il primo passo per andare oltre un conflitto, consapevoli che ognuno, per quanto piccolo ed apparentemente marginale, è parte di un percorso di pace.
Ne sono talmente convinti sei giovani studenti provenienti dai due paesi al centro della guerra in corso in Europa: tre russi, Sabina, Aleksandra, Ilia, e tre ucraini, Olekandra, Valeriia e Kateryna, che hanno scelto di confrontarsi sul terreno del superamento delle rabbie e dei risentimenti entrando a far parte di “Rondine, la cittadella della pace” di Arezzo che promuove un percorso di formazione e convivenza per giovani avversari provenienti da luoghi di guerra. E che
quest’anno, per la prima volta ospita studenti dall’Ucraina.
Le testimonianze di questi ragazzi raccontano drammi personali ma anche la possibilità di una benefica apertura.

“La rabbia verso coloro che hanno iniziato la guerra e la preoccupazione per i miei cari erano le emozioni dominanti – racconta Kateryna, ucraina – Non sapevo come avrei potuto condividere la mia vita quotidiana con studenti russi. Ma volevo anche raccontare loro la mia storia nella speranza che la capissero”.
Ecco che “quando io e il mio ‘nemico’ Ilia ci siamo incontrati per la prima volta, mi ha teso la mano ed io, inconsciamente, ho nascosto la mia. Ilia allora ha teso la sua mano ancora una volta e io, con la paura e l’incertezza negli occhi, alla fine ho teso la mia.
In quel momento, ho iniziato a cercare la pace nel mio cuore, la possibilità di riscoprire il mio vero io”.

Sabina, 28 anni, originaria della città di Samara, alle frontiere con il Kazakistan dove si è occupata di rifugiati, dice: “Sono qui per ricucire le relazioni tra ucraini e russi e mostrare che prima di tutto siamo persone che possono avere relazioni umane. Sono grata alle ragazze ucraine perché hanno parlato in russo per rendermi la conversazione più facile. Questo piccolo gesto è stato molto toccante per me. E nonostante la situazione in Ucraina vedo che mi trattano come una persona e non come un nemico”.

“Quello che mi spaventa – afferma Ilia, 25enne proveniente dalla Siberia, in Russia, studi in relazioni internazionali – è che molte persone tendono a creare gruppi di nemici e incolparli. Voglio aiutare le persone a guardare oltre queste etichette e cercare cause e soluzioni reali ai problemi. Le guerre finiscono per volontà delle persone. E’ anche importante pensare a cosa accadrà dopo e come potremo vivere tutti insieme”.
“Quando ho inviato l’iscrizione a Rondine mi stavo nascondendo dai bombardamenti” racconta Olekandra, 22 anni, una laurea in diritto internazionale, nata e cresciuta a Kharkiv, città che ha lasciato il marzo scorso quando ha dovuto evacuare: “Credo fermamente che la nostra stessa presenza qui sia cruciale, perché è un primo passo che può segnare un percorso per le generazioni a seguire”.

Valeriia viene dalla provincia di Kyiv, dove si è specializzata in economia e management internazionale: “Con Aleksandra ci siamo strette la mano per la prima volta in macchina mentre andavamo al supermercato. Dopo pochi giorni mi sono ammalata, sono dovuta stare in isolamento, e lei mi ha portato i miei biscotti preferiti, gli stessi che avevamo preso insieme quel giorno.
La sua preoccupazione per gli altri, che tu sia un nemico o un migliore amico, mi ha impressionato così tanto, e lo fa ancora”.
“È importante trovare qualcuno che possa essere di supporto nel momento in cui sembra che il mondo stia per crollare”, sostiene Aleksandra, 23 anni, proveniente dalla Repubblica di Carelia, nel nord della Russia e ha studiato pubblicità, pubbliche relazioni e cinese a San Pietroburgo.

Sono 12, in totale, gli ultimi arrivati alla Cittadella, che si uniscono agli altri già presenti (quasi un centinaio), per seguire il Master a Rondine che, in due anni, li formerà ambasciatori e futuri leader di pace nei propri Paesi. Fra questi anche giovani provenienti dal Mali, dalla Palestina, da Israele.