di Chiara Raffo – Chi è nato in provincia lo sa bene. Più un posto è piccolo, più di notte il cielo è terso e ormai sa i nomi di quasi tutte le costellazioni. È qualcosa di cui ci si rende conto immediatamente quando ci si trasferisce in città. A volte, guardando il cielo di Roma come quello di Milano, sembra di scorgere una stella. Fino a che non si muove, dimostrando la sua vera essenza: un aereo in atterraggio su Malpensa o Fiumicino.
Chi è nato in provincia, avrà sempre una distesa immensa su cui posare lo sguardo durante i momenti di sconforto come in quelli di gioia, che sia il mare, una catena montuosa o una distesa di campi dorati.
Se stai crescendo e hai a disposizione una spiaggia o grandi prati, poche auto in circolazione, gli amici di sempre e il bar di fiducia per la merenda che accetta solo pagamenti in contanti, non hai bisogno d’altro.
La vita dei ragazzi di provincia è rassicurante, semplice, divertente.
Ma tutto è bello finché non smette di esserlo, ed è allora che si instaura nelle menti di molti un senso di irrequietezza che si fa sempre più soffocante.
I tramonti sul mare sono ormai scontati, la curiosità per l’ignoto sempre più presente, i volti così come le vie sono impressi nella memoria al punto che la vista risulta quasi superflua come senso.
Il piccolo mondo che per anni è stato un porto sicuro risulta improvvisamente scialbo, troppo piccolo per qualunque forma di estro, troppo limitato per essere la cornice dentro cui realizzare un sogno o per coltivare le proprie ambizioni.
Ciò che abbiamo non basta più, e viene normale domandarsi crescendo, come sia la vita dove tutto è più grande, dove le persone ti guardano senza vederti, che forse è proprio ciò di cui si ha bisogno dopo una vita passata a incrociare occhi già noti.
Quest’ultimo concetto, l’essere solo una goccia d’acqua del mare, risulta quindi estremamente allettante. L’anonimato (anche solo apparente), così come la dinamicità, sono sicuramente punti a favore della città.
É giunto il momento. Treno o aereo che sia, alla volta della città con una valigia piena di vestiti ed una da riempire di esperienze.
L’impatto con la città è per molti, specialmente proprio quanto il trasferimento avviene in giovane età, un evento che viene visto quasi come salvifico, che simboleggia una rinascita, una possibilità di ricominciare da zero in posto nuovo, dove la propria identità è ancora un mistero per tutti e forse anche per te, dove l’incertezza lascia spazio all’ottimismo.
Deve però imparare a dimenticare il silenzio come lo conosceva, chi arriva in città. Deve fare i conti con il fatto che vi sono alte possibilità di doversi addormentare sotto ad un soffitto sommariamente imbiancato per poi svegliarsi di soprassalto quando il primo tram della giornata sfrigolerà sui binari sotto la propria finestra.
Respirerà, sì, tutta la libertà che tanto agognava, ma si renderà altresì conto che in città non è sempre bene respirare a pieni polmoni.
Saprà sicuramente dare valore al tempo, col tempo: chi fa caso a un minuto in provincia, desta sguardi meravigliati, spallucce. Invece in città contare i secondi fa parte del gioco. Così come trovare un luogo sicuro, scendendo a compromessi che ve ne sono pochi che non abbiano componenti di vetro e cemento. Vedrà migliaia di occhi, si interfaccerà con tanti, troppi cervelli per giungere alla consapevolezza che la maggior parte di essi non sono compatibili con il nostro.
Giungerà alla conclusione che non esistono soluzioni che non prevedano compromessi, e il concetto di dilemma stesso non è applicabile soltanto alla decisione di scegliere la città a scapito del paesino d’origine, ma ad ogni aspetto della nostra esistenza.

Ciò che ci caratterizza in quanto esseri umani è una costante curiosità nei confronti dell’ignoto. Ambire alla città è lecito e dimostra una costante e sana voglia di non accontentarsi ma di voler cercare la soluzione migliore per la nostra soddisfazione personale.
Senza dimenticare però, che a volte in città il tram può lasciarti a piedi.