di Filippo Bocci – Ha un fascino misterioso Vascello fantasma di Marietta Salvo (Giulio Perrone Editore). Innanzitutto perché è una raccolta di poesia, e la poesia, quando è vera, fa vibrare le corde intime del lettore, crea, molto più della narrativa, un rapporto privilegiato tra la parola e l’ascolto, tra il suono e la ricezione, specie quando il significato delle parole non è univoco, anzi, spesso, forse non c’è.
La poesia, e questa di Salvo più di altre, si avvicina maggiormente agli effetti dell’arte figurativa o della musica rispetto alla letteratura, perché arriva a sollecitare contemporaneamente più sensi, mentre le immagini e le emozioni si susseguono incalzanti.
È una poesia fatta soprattutto di parole, dense, importanti. Marietta Salvo lavora incessantemente sulle parole, sperimenta, inventa e costringe il lettore a familiarizzare con loro, a dare loro un po’ di confidenza. È così che esse trovano una porta aperta, un proprio spazio, un’ampiezza che le distingue, come se si gonfiassero, come le vele di un vero vascello: a quel punto risuonano e significano, a prescindere, e anche oltre, dal loro senso.
Certo è un’opera complessa, tragica, dove il dolore e il lutto la fanno da padroni, ma la complessità di questi tempi è merce rara e la scrittura di Salvo è così raffinata da rielaborare il dramma della morte e della perdita attraverso una cifra stilistica che contiene le emozioni, le argina, le trasfigura.
Emerge un prezioso lavoro nella versificazione e, molto spesso, il metro della poesia classica (che c’è, altroché se c’è!) risulta mascherato; il lettore può andare a cercarlo, per ricostruirne quantomeno la musicalità, trovare dove possibile degli attimi di sosta quando nei componimenti, come in Per futuro uno schermo muto, sono più facilmente percepibili i suoni ribattuti e ossessivi. E se qui i ripetuti settenari picchiano senza tregua, le pause della lettura ci regalano qualche novenario – Gli odori e i sapori impastare o legare furtivi con nocca o, volendo, in mille rullini legare, e un paio di endecasillabi – Questa è l’era dei silenzi e pensieri o Li trafugo nella casa vicina – dove concedersi un momentaneo riposo.
È il respiro di noi lettori a creare il miracolo del suono e così, nel finale di un’altra poesia senza titolo, troviamo i versi C’è fame in mare e pesci/ con la vuota orbita/ saltano: C’è fame in mare e pesci di per sé sarebbe un settenario (e i pesci di certo abitano il mare più della fame), ma se noi leggiamo C’è fame in mare/ e pesci con la vuota orbita saltano, si crea, folgorante, l’immagine del vuoto cerchio del salto, e l’endecasillabo che si forma ne riproduce musicalmente l’effetto.
Il professor Antonio Di Grado ci dice nell’introduzione che la cultura non è democratica, non si improvvisa, ma è fatta di lavoro, “frutto di tormenti ed estasi, di congetture e fallimenti, di visioni e di calcoli, di idee sposate e tradite, di maestri venerati e uccisi, di elitarie opzioni e di scorbutica impopolarità”.
Tuttavia, è solo da questo scavo continuo e dall’indagine personale che in Vascello fantasma affiorano immagini straordinarie, come, fra le tante, quella della morte “bieca merciaia” o del “tramonto e giardini nascosti in verticale”. O la descrizione, indimenticabile, del dolore che Si formò gli occhi/ come un pulcino verde. Un dolore che la forza di questa lirica può legare a un palo, come fosse un sogno/ del giorno che passò…
È allora, quella dell’autrice, come intuisce ancora Di Grado, la
“ricerca d’una salvezza per sé e per tutti che forse solo la poesia, dando nuovi nomi e altro senso al mondo, può assicurare”.
Una raccolta da assaporare, parola per parola, quelle che ci sono e, come dice Marietta Salvo nella dedica, quelle che verranno.