(di Rinaldo Felli) – Lo scriviamo subito per evitare equivoci: lo spettatore che nutre simpatie populiste sia consapevole che “Un nemico del popolo”, lo spettacolo in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 28 aprile, parla di lui. Anzi, per l’esattezza, sappia che ne è il protagonista negativo.
E’ chiaro, diretto, chirurgico il testo che Henrik Ibsen scrisse nel lontano 1882:
“Il nemico del popolo è la maggioranza”.
Ma una maggioranza che, sempre secondo l’autore del testo, è composta da ignoranti, immaturi, incompetenti ai quali è stato assegnato, come per chi ha studiato, il diritto di decidere, governare, giudicare.
” Ma ditemi, chi è che forma in un paese la maggioranza, gli intelligenti o gli imbecilli? Penso sarete tutti d’accordo con me se dico che in tutto il nostro bel pianeta, di imbecilli se ne trova una maggioranza schiacciante. Ma perdio, mai e poi mai sarà giusto che imbecilli comandino agli intelligenti!”

“Aveva ragione la maggioranza quando è stata a vedere Gesù crocifisso? Ha avuto ragione la maggioranza quando si è rifiutata di credere che la terra girasse intorno al sole ed ha fatto inginocchiare Galileo come un cane?”
Così recita il dott. Stockmann, un’immenso, potente, rabbioso Massimo Popolizio (anche regista), durante un discorso da lui tenuto all’assemblea cittadina. Il dott. Stockmann, medico delle acque termali, ha scoperto l’inquinamento delle stesse nella città dove risiede e vorrebbe denunciare l’accaduto attraverso il giornale locale.
Ma tale proponimento trova la dura contrapposizione del fratello-sindaco (interpretato da un’indimenticabile Maria Paiato) il quale convincerà la stampa e l’opinione pubblica che la denuncia porrebbe la parola fine ai sogni di benessere della collettività.

Testo quindi che pone interrogativi su alcuni grandi temi della nostra società, dalla corruzione alla responsabilità etica, ai temi ecologici, al ruolo dei media nella creazione di opinioni e consenso.
Ma in particolar modo evidenzia una drammatica questione: se è l’imbecille a decidere il domani della collettività allora nella democrazia è presente una devastante disfunzione.
E se questa disfunzione era già allarmante all’epoca di Ibsen, in un’epoca nella quale gli imbecilli consapevoli di esserlo s’affidavano alla parola di intermediari sapienti: medici, insegnanti, sacerdoti, politici etc. quanto può esserlo ora in una società dove, grazie al web, l’imbecille crede di conoscere tutto e conseguentemente diffida e disconosce l’intermediazione?
Ibsen non dà risposte, non suggerisce per la risoluzione della disfunzione una classica oligarchia o magari una felice crescita intellettuale dell’imbecille che, ci viene da sperare, potrebbe realizzarsi proprio grazie alla possibilità, attraverso il web, di accedere facilmente a tutti i contenuti del mondo.
Scenari impossibili da profetizzare per l’autore e che Massimo Popolizio, curandone il sapiente allestimento con totale fedeltà, giustamente non ha inteso indagare.
L’unica certezza che lo spettatore potrà quindi portare a casa è che chi vorrà denunciare una verità scomoda per la maggioranza sarà destinato all’isolamento ed alla solitudine.

Dopo lo straordinario successo del pluripremiato “Ragazzi di vita”, Popolizio torna ad allestire per il Teatro di Roma una spettacolo che lascia una traccia profonda nello spettatore.
Lo fa con una regia che omaggia il suo maestro Luca Ronconi, si sentono echi di “Lehman Trilogy“, l’ultimo capolavoro del grande regista, ma che trova anche dei riferimenti negli insegnamenti di Brecht e del Teatro Epico. In particolare l’effetto straniamento che sembra a volte imporre ai suoi interpreti determina una giusta caratterizzazione dei personaggi, con il risultato importante di estrarre una forte carica ironica da un testo che nasce drammatico. Inoltre riesce a restituire all’ambientazione un climax che ricorda “Dogville“, il famoso film di Lars Von Trier, ambientato in un paesino abitato da gente perduta e marcia.
Abbiamo già espresso i dovuti apprezzamenti per i due interpreti protagonisti, Popolizio e Maria Paiato, nell’insolita interpretazione di un uomo.
Altri è doveroso farne all’intero cast ma una nota di merito particolare va alla giovane Maria Laila Fernandez che, nell’interpretare il personaggio di Petra Stockmann, riesce ad emergere in un contesto attoriale di assoluto valore.
Per quest’anno lo spettacolo potrete goderlo, fino al 28 aprile, al Teatro Argentina di Roma. La stagione prossima sarà ospite di tutti i più importanti teatri italiani. Un consiglio: iniziate a prenotarvi.