di Agnese Malatesta – Una storia lunga 400 anni che ancora continua. 400 anni di tazze artigianali nate per essere usate nella cerimonia del tè, con in comune il nome della famiglia che l’ha realizzate: Raku.
La storia di queste tazze “è la storia della mia famiglia da generazioni. Era un destino per me continuare”: lui è Kichizakamon Raku Naoiri, design e ceramista, realizzatore di tazze da tè, le Raku, alla 15/a generazione di questa antica produzione artigianale giapponese.
Un destino forse segnato, che in giovane età ha a lungo tenuto lontano, rifiutando un percorso scontato, ma che poi ha accolto per far parte appieno della sua vita.
La parola raku in giapponese significa comodo, rilassato, piacevole. Negli ambienti che si tramandano l’arte è però più accreditata la traduzione “gioire la gioia”. Ed è anche il nome di un piccolo sobborgo di Kyoto dove si estraeva l’argilla con la quale verso la metà del XVI secolo venne prodotta artigianalmente una ceramica nota con il nome di raku-yaki utilizzata, appunto, per la fabbricazione di ciotole per la cerimonia del tè.
Tazze semplici, fatte a mano, pezzi unici che, ancora oggi, ispirano armonia e grazia, una bellezza lineare seppur raffinata, il cui design nel tempo si è modernizzato ma ha mantenuto l’effetto originario.
La famiglia Raku è così giunta alla 15/a generazione e continua a produrre tazze da tè influenzate, da alcuni anni, dalla cultura italiana.
Kichizakamon Raku Naoiri – che racconta la sua storia in un video dell’Istituto Italiano di Cultura di Osaka – si laurea in scultura a Tokyo nel 1973; subito dopo si reca in Italia per studiare con Umberto Mastroianni all’Accademia di Belle Arti di Roma.
Durante il soggiorno in Italia, Kichizakamon è affascinato dall’arte italiana, dalla sua storia millenaria, dai film di Antonioni, Fellini e Pasolini, nonché dalla logica del linguaggio, dal paesaggio urbano e dal contrasto tra la luce e l’ombra dell’estate romana.
Nel forte contrasto tra le sue esperienze in Italia e quelle coltivate in Giappone, l’artista riconsidera se stesso e la cultura giapponese. Negli anni, la sua intemperanza verso quest’ultima si ridimensiona e al contrario prende un posto nuovo e profondo:
diventa il punto di partenza per accogliere consapevolmente l’eredità della storica azienda familiare.
Rientrato in Giappone nel 1981 decide di riprendere la tradizione ceramistica della famiglia, assumendo il nome d’arte di Kichizaemon XV.
Ecco come il contatto fecondo di Kichizakamon con la cultura italiana, coltivato per tutta la vita, influenza sottilmente ma profondamente la sua arte di ceramista tradizionale, portando chiari contrasti e sapori unici al suo lavoro. La prima mostra di Raku-ware, fuori dal Giappone, si è tenuta proprio in Italia, al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza (Ravenna) nel 1997.
“L’Italia – dice Kichizakamon – mi ha risvegliato al fatto che sono di nuovo una persona giapponese, che il mondo occidentale è qui e che sono coinvolto in entrambi.
E ho pensato che forse fare tazze da tè era l’unico modo per me di rimanere nel mondo dell’espressione.
È lì che è avvenuto il cambiamento nella vita. Poi sono tornato nella mia casa in Giappone e ho iniziato a fare tazze da tè.
L’Italia mi ha insegnato come essere una persona e un artista. Di conseguenza, l’Italia è diventata un paese molto importante nella mia vita”.
Direttore del Museo Raku di Kyoto, Kichizakamon, mentre continua a creare liberamente lavori in ceramica nel solco della tradizione plurisecolare della famiglia, ha passato nel 2019 il ruolo di capo della famiglia Raku a suo figlio maggiore che ha assunto il nome di “Jikinyu“.