L’omeopatia sarà sempre più importante nella cura delle malattie e negli approcci integrati. “Ci sarà un dialogo sempre più fitto fra i diversi saperi della medicina. Non credo esista una medicina migliore: esiste una sola medicina che cura e che deve farlo diminuendo sempre più gli effetti collaterali”. Questa è l’opinione di Francesco Marino, medico chirurgo specialista in ematologia, nonché omeopata e agopuntore, vicepresidente della FIAMO (Federazione Italiana Associazioni Medici Omeopatici) in una intervista a b-hop. Secondo i dati forniti dalla Farmindustria dell’omeopatia, l’Europa conosce un trend in aumento del 5-6% ogni anno, ma è ancora l’1% dell’intero mercato farmaceutico. Mentre è ancora aperta la questione sulla regolamentarizzazione dei farmaci omeopatici, che rischia di affossare le piccole e medie aziende.
Sempre più persone vi ricorrono: ma cos’è in realtà l’omeopatia?
“L’omeopatia è un sistema medico ideato alla fine del diciottesimo secolo da un geniale medico sassone di nome Hahneman, insoddisfatto delle misure terapeutiche del suo tempo: salassi, purghe, sanguisughe. Da giovane aveva contratto la malaria ma era stato male proprio a causa del chinino (indicato invece come possibile cura dal trattato farmacologico di Cullen che Hahneman stesso stava traducendo). Per questo Hahneman decide di assumere il chinino per verificarne gli effetti, accorgendosi che questi erano simili alla stessa malattia malarica avuta da giovane (tremori, palpitazioni, cefalee). Questo divenne il principio di tutto il suo sistema medico: assumere una sostanza che ricrea, in condizioni di salute, i medesimi sintomi della malattia. Tuttavia Hahneman, per quindici anni, continuò a usare dosaggi pesanti provocando fastidi non indifferenti nei pazienti. Con la scoperta del processo di diluizione e dinamizzazione scoprì che l’impatto terapeutico del farmaco era addirittura più efficace. Così nasceva l’omeopatia”.
Addirittura prima della scoperta della penicillina… Come mai, nonostante l’opinione scettica della comunità scientifica, l’omeopatia è così presente e richiesta?
“La penicillina è stata scoperta alla fine degli anni ’30 per caso o per sbaglio. L’omeopatia, invece, ha vissuto la sua fase aurea nella seconda metà dell’Ottocento, diffondendosi in tutti i continenti. Soprattutto nel nostro Paese: dall’Italia sono infatti partiti i medici che hanno portato l’omeopatia in Francia, in Africa o in Sud America. Con l’avvento della chimica, avvallata dalle politiche dei vari governi, l’omeopatia è entrata in una profonda crisi da cui si è ripresa soltanto nella metà degli anni Sessanta del secolo scorso. Oggi l’omeopatia sta vivendo una specie di nemesi storica. Prendiamo il discorso degli antibiotici: oggi siamo arrivati alla sesta generazione di antibiotici, poiché i germi si sono talmente sensibilizzati che occorrerà inventare delle generazioni di antibiotici sempre più potenti ma anche sempre più dannosi per gli esseri umani. Un antibiotico cura il male acuto, ma l’abuso cronicizza la patologia. L’omeopatia al contrario della chimica non si preoccupa del sintomo ma agisce sui punti deboli del paziente rafforzandoli. Sui risultati scientifici invece: in letteratura ci sono centinaia di studi, sei meta-analisi e revisioni sistematiche, cinque delle quali confermano l’efficacia dell’omeopatia. Chi dice che non esiste ricerca dice assolutamente il falso”.
Cosa i pazienti trovano maggiormente carente nella medicina classica?
“In generale si arriva all’omeopatia come ultima spiaggia. Se si partisse con l’omeopatia si risparmierebbero tempo, energie e soldi. L’approccio convenzionale in molti casi si rivela inefficace, costoso e dannoso. Nonostante le crociate mediatiche contro l’omeopatia che viene tacciata di essere un sistema placebo”.
La visione medica che sottende l’omeopatia sembrerebbe più vicina alla tradizione orientale che occidentale. Si parla di “corpo energetico”, ad esempio. Forse sono soltanto suggestioni new-age, ma queste analogie sono legittime?
“Non proprio. Quando si parla di medicina tradizionale non dobbiamo intendere la medicina moderna ma quelle discipline, come l’omeopatia o l’agopuntura o l’ayurveda, che risalgono alla tradizione. Tutte le civiltà antiche si sono curate con metodi basati su analogia, similitudine, eccetera. L’omeopatia fa parte di questo fiume carsico che ha attraversato la storia. È una dottrina vitalista che si basa sulla capacità del medicinale di stimolare l’energia vitale, ovvero la reattività di un soggetto. Però non va confusa con le discipline orientali o la paccottiglia new-age. Questo danneggia l’omeopatia”.
Un altro rischio è la continua specializzazione di alcune multinazionali su prodotti omeopatici. Che ne pensa?
“È un discorso pericoloso. Esistono multinazionali che potrebbero mettere le mani sull’omeopatia non appena la quota di mercato diventa più consistente. Questa sarebbe però la fine dell’omeopatia. Il problema serio secondo me è ancora un altro: ovvero la politica delle aziende omeopatiche. Ci sono aziende omeopatiche che hanno interesse solo commerciale che non hanno cioè interesse nella ricerca: vogliono solo vendere prodotti. Ora per esempio si parla di regolamentare i farmaci omeopatici. Nel giro di un anno dovrebbero perciò essere registrati e depositati circa 25.000 medicinali. Cosa impossibile. Per di più hanno elaborato tariffe di registrazione spropositate. Stiamo lavorando per cercare di arrivare ad una regolamentarizzazione più umana e civile”.
Un medico chirurgo come è arrivato all’omeopatia?
“Quando sono uscito dall’università ero nemico di tutto ciò che non rientrasse nell’alveo convenzionale. Poi è capitato che mia madre si ammalasse di cirrosi epatica: nonostante le terapie mediche la situazione non migliorava. Dopo una serie di peripezie è finita da un’omeopata. Io stesso sono rimasto sbalordito: in un mese di cura, le transaminasi di mia madre crollarono letteralmente. Così è cominciato il mio percorso. Ora non tornerei più indietro. Anche se penso che ci sarà un dialogo sempre più fitto fra i diversi saperi della medicina. Non credo esista una medicina migliore: esiste una sola medicina che cura e che deve farlo diminuendo sempre più gli effetti collaterali”.