di Walter Falgio – Chemical Bros. è l’ultimo docufilm di Massimiliano Mazzotta premiato il 12 giugno scorso, in anteprima nazionale alla rassegna CinemAmbiente di Torino, e proiettato il 31 luglio in Sardegna, a Villanovaforru.
Il regista leccese, autore del lungometraggio Oil sulla raffineria Saras dei Moratti e di altri sedici lavori in vent’anni di carriera, propone un’altra indagine puntuale e penetrante sugli effetti devastanti dell’inquinamento industriale.
Il docufilm è prodotto da Life After Oil, Medicina Democratica e con il sostegno di Fondazione Sardegna Film Commission.

L’obiettivo stavolta è rivolto al business della filiera del fluoro, a un intrico di processi chimici, a una ramificazione tra affari e prodotti di consumo e a un pericoloso cortocircuito: il profitto anteposto alla salute pubblica a fronte di segnali di pericolo deliberatamente ignorati o sottostimati.

Mazzotta scava tra le pieghe di un tema complesso, tra le omissioni e le mancate risposte istituzionali, dando la parola a donne e a uomini di grande coraggio.
Agricoltori, pastori, militanti delle associazioni ambientaliste, studiosi, medici. Squaderna la forza della testimonianza – nucleo portante e per nulla scontato della sua inchiesta – supportata dalle evidenze scientifiche, dai risultati delle analisi di laboratorio, dalla comparazione dei casi, dai risultati delle indagini giudiziarie.
Il filo della matassa che il regista prova a dipanare prende origine dalle miniere di fluorite in Sardegna, concesse a partire dal 1954 alla Mineraria Silius del conte Carlo Enrico Giulini, padre di Tommaso, attuale presidente del Cagliari Calcio.
L’estrazione cresce esponenzialmente sino alla messa al bando dei clorofluorocarburi del 1987. Da quel momento, con il contributo sostanzioso della Regione Sardegna e il disimpegno del capitale privato, l’attività di scavo procede con alterne vicende sino all’oggi, una sorta di limbo dove da anni si ipotizza una ripresa frenata da una procedura di infrazione europea e da una fallimentare ricerca di finanziatori.

Nel frattempo parlano i minatori. La camera di Mazzotta indugia sulle rughe profonde, su volti che raccontano sofferenza, durissime condizioni di lavoro nel sottosuolo, incidenti mortali, paga a cottimo.
Che lamentano l’immobilismo della Regione nonostante dentro la terra del Gerrei si celino ancora «20 milioni di tonnellate di fluorite, ovvero 20 anni di lavoro».
Antonino Melis, Antonio Agus, Salvatore Deidda sono alcuni dei nomi di chi ci mette la faccia con dignità.
Dalla coltivazione della fluorite l’impero Giulini si estende alla produzione e alla commercializzazione dei derivati.
Nel 1969 nasce la società Fluorsid ed è impiantato lo stabilimento di Macchiareddu, zona industriale di Cagliari, nel Comune di Assemini.
L’itinerario di Chemical Bros. fa dunque tappa nella piana sulle rive della laguna di Santa Gilla. La grande industria dei Giulini è lì, tra l’area Sin (Sito di interesse nazionale) altamente inquinata, e la zona umida di importanza internazionale.
Nel 2017 l’impianto si trova al centro di un’inchiesta della Procura del capoluogo sardo che dalla fine del 2014 indagava a carico di ex dirigenti Fluorsid e titolari di imprese d’appalto, tutti accusati di associazione a delinquere per inquinamento, disastro ambientale, sversamenti, interramenti, smaltimenti illeciti di rifiuti.
I livelli di contaminazione delle acque riscontrati intorno alla fabbrica erano altissimi: 3.745 volte superiori ai limiti prescritti per l’alluminio, 1.154 per i fluoruri e 51 volte per i solfati (qui l’articolo di Sardiniapost firmato da Alessandra Carta).
La vicenda giudiziaria si chiuse con undici patteggiamenti, multe e soprattutto un accordo con il Tribunale per una bonifica del valore di 22 milioni di euro, già prevista, a carico della multinazionale del fluoro.

Da allora, tuttavia, lo scenario sembra non essere mutato.
Gli agricoltori e gli allevatori confinanti con la fabbrica continuano a denunciare perdita di raccolto, decessi di capi ovini a causa della fluorosi, una malattia che colpisce i denti, un’inquietante corrosione delle strutture metalliche delle serre, effetti dannosi delle polveri sottili liberate dai processi industriali che l’Arpas, agenzia regionale preposta ai controlli, attribuiva alle sabbie del Sahara.
E ancora una volta sono gli uomini e le donne che trovano la forza di testimoniare, che guardano negli occhi lo spettatore, che costringono a riflettere e a porsi nuove domande.
Come il dubbio che avanza il presidente di Medicina Democratica, Marco Caldiroli, commentando i risultati di analisi discordanti effettuate sulla birra Ichnusa, prodotta nello stabilimento di Macchiareddu con l’acqua di falda, dove in alcuni casi si registrerebbero concentrazioni di fluoro superiori ai valori consentiti.
«Le analisi che conduciamo regolarmente nel birrificio e quelle realizzate da soggetti terzi non rilevano quantitativi di contaminanti pericolosi per la salute», risponde la società Heineken, proprietaria dello storico marchio con i quattro mori. (Qui un dettagliato approfondimento sulla vicenda firmato da Piero Loi per la testata Indip e una scheda di Medicina Democratica che riepiloga entrambe le posizioni).
Eppure appare innegabile che il fluoro in quantità elevate sia altamente dannoso per l’uomo, gli animali e per l’ambiente. Non è certo una novità.
Mazzotta ne è consapevole e continua a tracciare il suo itinerario raccogliendo la paura della contaminazione anche in Gran Bretagna, tra i residenti nei dintorni della miniera di Cavendish Mill, in Derbyshire, all’interno del Peak District National Park. Una delle tante diramazioni internazionali della Fluorsid.
E in Veneto centro occidentale, a Trissino, dove prosegue la lunga e agguerrita battaglia delle comunità contro la contaminazione da PFAS, sostanze perfluoro alchiliche, usate ad esempio nell’industria tessile ma anche in quella militare: i perfluoroalchilici furono utilizzati per la costruzione della bomba atomica come rivestimento delle centrifughe per la produzione dell’uranio arricchito.
Macchiareddu chiama Trissino e tutta la regione del nord dove si consuma «il più grande inquinamento delle acque potabili e ad uso irriguo del mondo occidentale che coinvolge una popolazione di circa 350.000 persone, potenzialmente 800.000, ed è attualmente sotto processo penale e all’attenzione del mondo intero».

Chemical Bros. smuove acque troppo ferme, stimola la coscienza sulla necessità di un’azione diretta in difesa della salute e dell’ambiente.
E ricorda che già Stanley Kubrik, nel suo Il Dottor Stranamore, immaginava una disastrosa contaminazione a base di fluoro ma sarcasticamente attribuita al “nemico sovietico”: «Il piano più mostruoso che i comunisti abbiano concepito ai nostri danni».